Gli estremisti ebrei e il "sacrificio" di un bimbo palestinese
Tempo di lettura: 2 minutiHa suscitato orrore in tutto il mondo la morte di Ali Dawabsheh, il bambino palestinese di 18 mesi arso vivo nella sua casa a seguito di un attacco di estremisti israeliani. Una morte rivendicata con scritte sui muri della casa che inneggiavano alla “Vendetta” e annunciavano: “Il Messia verrà”. Sulla Repubblica del 1º agosto un’intervista di Guido Andruetto a Abraham Yeoshua, il quale, inorridito dall’accaduto, ha parlato delle complicità e delle connivenze delle quali godono i «terroristi» (così li ha definiti il premier Benjamin Netanyahu) israeliani: «Le faccio un esempio. Quando un palestinese tira una pietra, dopo un giorno le forze di polizia lo vanno a prelevare dal campo profughi o magari nei sobborghi di Jenin e di Nablus. E lo arrestano. Invece gli insediamenti – dove non tutti quelli che vi abitano sono dei violenti ovviamente – hanno al loro interno alcuni gruppi estremisti e violenti che stanno facendo cose terribili e la polizia non li può controllare. Sa perché? Perché manca una seria attività di contrasto di questo fenomeno, che serva a fermarli e processarli per i reati che commettono».
L’atmosfera in Israele è «pesante», ha aggiunto lo scrittore, e «questa violenza non è solo contro i palestinesi o gli arabi, è rivolta anche contro chi vuole cercare la pace, la sinistra. Su internet si leggono cose davvero violentissime. Il punto è che la violenza viene fomentata anche da membri del parlamento dell’estrema destra e dal governo. Mai in Israele c’è stata un’attitudine all’aggressione da parte della destra violenta come dopo queste elezioni, e questa è la regia del primo ministro Benjamin Netanyahu
».
Titolo dell’intervista: “Clima di Odio nessuno ferma gli estremisti”.
Nota a margine. Difficile commentare un crimine del genere, che più che un omicidio è un «sacrificio», così Marek Halter sulla Repubblica dello stesso giorno, che «infrange non solo la legge degli uomini, ma anche quella divina».
Un sacrificio umano avvenuto a pochi giorni di distanza dagli scontri avvenuti sulla spianata delle moschee, dove estremisti palestinesi e israeliani si sono affrontati e dove, soprattutto, è avvenuta quella che agli occhi degli arabi è una profanazione: l’incursione, se pur di breve durata, all’interno della moschea di al Aqsa della polizia israeliana. Al di là delle responsabilità per quanto accaduto allora, quella vicenda e l’abominevole crimine successivo stanno alimentando ancora di più l’odio tra ebrei e arabi. La possibilità che le nubi nere che si stanno addensando sul cielo della Terrasanta provochino una tempesta, fuor di metafora una nuova intifada o un altro conflitto, sono alte.