29 Settembre 2015

Il giallo libico, il cooperante italiano

Il giallo libico, il cooperante italiano
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Sabato scorso è stato ucciso in Libia, insieme a otto uomini di scorta, tal Salah Al Maskout, uno dei Signori della guerra locali che tra i suoi traffici principali annoverava anche quello dei migranti. Un raid mirato, compiuto con professionalità. Sul caso è nato un giallo: voci discordanti e non verificabili hanno dato altre identità all’ucciso, ma soprattutto hanno attribuito all’Italia la responsabilità dell’omicidio, cosa che il nostro Paese ha seccamente smentito.

 

Nel commentare la notizia, Renzo Guolo, sulla Repubblica del 27 settembre, ha ripercorso il difficile negoziato che si sta svolgendo in questi mesi in Libia, dove vigono due governi contrapposti, quello di Tobruk, riconosciuto a livello internazionale, e quello di Tripoli, ambedue sostenuti dall’esterno da potenze regionali in contrasto. Con la complicanza di un’anarchia che vede all’opera milizie legate ad al Qaeda e all’Isis, che stanno portando il Paese a un’anarchia sempre meno controllabile.

 

Negoziato difficile, dunque, dove «gli oltranzisti contrari a una soluzione politica, la sola in grado di impedire la decomposizione del paese e la sua spartizione, sono in entrambi gli schieramenti», scrive Guolo.

Significativo il seguito dell’articolo dedicato al fatto di sangue: «Le accuse di violazione della sovranità (sic) libica, magari in “operazioni speciali” rischiano di alimentare le resistenze all’accordo di quanti stanno subendo, obtorto collo, la pressione della comunità internazionale che parrebbe, finalmente, decisa a impedire che il Paese sprofondi nel caos» (titolo articolo: I veleni di chi vuol far saltare il negoziato).

 

Nota a margine. Le accuse all’Italia appaiono ancora più gravi, per le possibili, per fortuna evitate, conseguenze, se si considera che il nostro Paese «dovrebbe avere la guida della missione internazionale che seguirà la firma dell’accordo». Se salta la guida, ovviamente, occorre ridiscutere tutto… 

 

Colpisce, a margine di questa notizia, che nel rilanciare la sua sfida al mondo (ne abbiamo accennato in una postilla) l’Isis abbia scelto proprio un italiano, uccidendo ieri in Bangladesh Cesare Tavella. La tempistica e il fatto che a compierlo sia stato dell’Isis, come detto molto attivo in Libia, lasciano spazio a ipotesi (solo ipotesi, ovvio) su possibili collegamenti.

Il fatto che si tratti di un uomo che ha speso la sua vita per i poveri dà infine a questo assassinio una suggestione ulteriore.

 

Detto questo, ci si consenta di spendere una riga per esprimere la nostra gratitudine per Tavella, cooperante ignoto ai più, ma noto ai tanti che hanno beneficiato della sua opera. Un’opera che la cronaca nera non offusca, anzi esalta per contrapposizione.