Blair: la guerra in Iraq fu un tragico errore
Tempo di lettura: 2 minutiHa fatto il giro del mondo la confessione dell’ex premier britannico Tony Blair alla Cnn, il quale ha ammesso di aver commesso gravi errori in occasione della guerra in Iraq. Non solo si è detto pentito per aver scatenato un conflitto in base a false informazioni (le inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein), ma anche per la mancanza di discernimento su quanto quel conflitto avrebbe scatenato, una instabilità incontrollabile che ha alimentato il dilagare della jihad, della quale l’attuale Califfo del terrore rappresenta solo un mostruoso epigono.
La svolta di Blair rende ragione a quanti per anni hanno interpretato in questo modo quel conflitto, venendo bollati come stolidi complottisti.
Però le dichiarazioni del leader laburista hanno una coda furbetta, laddove, con un giustificazionismo inaccettabile, alla Cnn ha ribadito che la guerra, ponendo fine alla dittatura di Saddam, ha fatto anche del bene.
Inaccettabile perché di tale presunto beneficio non ha certo goduto il popolo iracheno o il mondo. Eliminare un male uccidendo il paziente non giustifica affatto il dottore, semmai il contrario.
Da capire perché l’ex premier britannico si sia deciso a rendere questa confessione ritardata. Probabile che temendo una condanna a breve, seppur meramente politica, da parte della Commissione Chicolt (la commissione d’inchiesta britannica che deve far luce sulle ombre di quella guerra) abbia voluto mettere le mani avanti.
E però il fatto che abbia reso le sue confessioni a una Tv americana fanno assumere alle sue parole, al di là delle intenzioni, anche un’altra valenza: di fatto suonano come una condanna, o quantomeno un vulnus, per Jeb Bush (il fratello del presidente Usa che scatenò con lui il conflitto), uno dei più autorevoli candidati repubblicani alla Casa Bianca. Di fatto un favore a Hillary Clinton, la candidata democratica che rappresenta la via americana al blairismo.