La Nato, il Montenegro e la Russia
Tempo di lettura: 2 minutiProposta indecente della Nato, che ha chiesto al Montenegro di entrare nell’Alleanza Atlantica suscitando la reazione sdegnata della Russia, che ha con il piccolo Stato balcanico, in particolare con la Serbia dal quale è nato per secessione, uno storico legame. Scrive Sergio Romano sul Corriere della Sera dell’8 dicembre: «Per l’Alleanza Atlantica e la sua organizzazione militare il valore del Montenegro, sotto il profilo strategico, mi sembra molto vicino allo zero. Resta da capire, quindi, perché a Bruxelles, nel quartiere generale dell’organizzazione, nessuno abbia tenuto conto delle probabili reazioni di Mosca».
Tra l’altro, non può che allarmare la Russia il fatto che la Nato, dopo aver disgregato la Jugoslavia, ne «stia annettendo le sue repubbliche
».
Per Romano, il problema di fondo è che il crollo dell’Unione sovietica sembrava dovesse portare, se non alla chiusura, almeno a un ripensamento della Nato, nata proprio per contenere lo storico nemico. Idea tra l’altro perseguita nel vertice russo-Nato di Pratica di Mare. Invece, rileva Romano, «è accaduto esattamente il contrario. Invece di rinnovare le sue finalità, la Nato è diventata il braccio militare degli Stati Uniti […] e si è allargata sino a includere fra i suoi soci gli Stati che appartenevano al patto di Varsavia, tre repubbliche ex-sovietiche, due repubbliche ex jugoslave». E forse, in futuro, anche la «Georgia e l’Ucraina». Conclude Romano: «Il caso del Montenegro, in questo contesto, può soltanto alimentare i sospetti e la diffidenza della Russia» (Il montenegro nella Nato le reazioni della Russia)
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Nota a margine. Nulla da aggiungere alle considerazioni di Romano tranne che la proposta indecente è avvenuta nel giorno in cui la Russia mostrava al mondo le prove del coinvolgimento della Turchia, altro Paese membro della Nato, nei traffici con l’Isis. Così la proposta di Bruxelles al Montenegro risulta, di fatto, una risposta indiretta alle accuse di Mosca ad Ankara: una indifferenza di fondo sulle questioni poste dai russi (come dimostra anche altro) e, insieme, una sorta di rilancio della sfida a Mosca.
Non è un modo intelligente di affrontare il problema del terrorismo internazionale (sempre che lo si voglia affrontare).