La Turchia strumentalizza l'attentato a Istanbul
Tempo di lettura: 2 minuti«Il Califfato potrebbe essere solo “una pedina” nell’attentato a Sultanahmet, dice Davutoglu [il premier turco ndr.], che parla di “attori segreti dietro l’attacco” i quali avrebbero usato il cosiddetto Stato Islamico come “subappaltatore”. Più esplicito il quotidiano filogovernativo Star, con l’apertura della sua prima pagina a caratteri cubitali e una foto: “Il sospettato è Putin“
». Così Marco Ansaldo sulla Repubblica del 14 gennaio (A Istanbul svuotata dalla paura Il kamikaze aveva chiesto asilo “Ma il nostro nemico è Putin“).
Nota a margine. Da subito il governo di Ankara aveva tentato di coinvolgere la Russia nell’attentato che è costato la vita a dieci persone. Fin da quando era stata diffusa la notizia dell’arresto di «cittadini russi» collegati all’attentatore. Potenza della narrazione: quando l’Isis ha fatto strage altrove ci si è soffermati sulla loro affiliazione al network del terrore, non sulla loro nazionalità: è evidente, ad esempio, che non c’è il Belgio dietro le stragi di Parigi, nonostante alcuni degli stragisti, secondo gli inquirenti, sono risultati cittadini belgi… ma tant’é.
Nel caso specifico si tratta di ceceni, protagonisti di una guerra feroce contro Mosca poi affiliati al Califfato, secondo uno schema alquanto noto da tempo: molti dei quadri dell’Isis sono ceceni (come molti ceceni sono attivi tra le formazioni militari schierate da Kiev contro il Donbass). A quanto pare ad Ankara è andato perso il senso del ridicolo. Ma strumentalizzare una strage in maniera così grossolana risulta alquanto inquietante: indica la mancanza di scrupoli di un regime pronto a usare il sangue di vittime innocenti a scopi politici. Scopi che di fatto coincidono con quelli dell’Isis, che ha in Mosca il suo nemico giurato, come evidenzia la campagna russa in Siria, che ha costretto la comunità internazionale a contrastare in maniera un po’ meno ambigua il network del Terrore.