Il crollo del petrolio e la crisi delle Petromonarchie
Tempo di lettura: 2 minutiLe monarchie del Golfo «stanno scoprendo il significato della parola scarsità. Le loro risorse non sono più destinate a crescere ogni anno. Al contrario, sono venute meno all’ improvviso con il crollo del greggio. Nasser Saidi, ex capoeconomista del Dubai Financial Centre, consulente di molti dei governi del Golfo, fa conti spietati: “La perdita di entrate da petrolio per i sei Paesi del Golfo è di circa 260 miliardi di dollari l’ anno. È uno tsunami”
» Così in un articolo di Federico Fubini sul Corriere della Sera del 14 febbraio (I fondi arabi in fuga dall’Europa: la crisi del petrolio e quei 260 miliardi persi dagli emiri).
Conclude Fubini: «Le entrate sono crollate del 10% del Pil e il Fondo monetario internazionale prevede nel Golfo un buco da mille miliardi l’anno. Per questo le monarchie scongelano le riserve per far fronte alle spese. Solo il valore del fondo sovrano dell’Arabia Saudita è crollato in un anno da 850 a 670 miliardi di dollari: tutte vendite di titoli che contribuiscono ad affossare i mercati finanziari globali in questi mesi
».
Nota a margine. Quadro istruttivo: la decisione dei Paesi del Golfo (sia essa più o meno eterodiretta) di tenere basso il prezzo del petrolio per deprimere l’economia dell’Iran (come accenna Fubini) e della Russia, oltre che vanificare la possibilità dello sfruttamento dello shale gas (oggi troppo costoso) Usa, sta devastando le loro casse, già prosciugate dai lauti finanziamenti diretti ai vari movimenti jihadisti.
Una scelta che si consegna al suicidio pur di non far conseguire vantaggi altrui. Un po’ in linea con quanto fanno gli jihadisti da loro sostenuti, i quali si fanno saltare in aria pur di colpire i nemici.
Una scelta che, come sottolinea il cronista, sta causando disastri sistemici all’economia globale. Ulteriore dimostrazione di come i mercati non obbediscano a leggi proprie, ma a interessi specifici: nel caso particolare la geopolitica delle Petromonarchie del Golfo e dei loro referenti internazionali (a meno di non pensare davvero che i sauditi e i loro vicini abbiano la forza di ricattare il mondo…).