Gli Usa e il contenimento della Cina
Tempo di lettura: 2 minutiStorica visita di Obama a Hiroshima, la prima di un presidente degli Stati Uniti presso la città nuclearizzata alla fine della seconda guerra mondiale.
Una visita che in realtà è sottesa a una strategia globale. Scrive Paolo Mastrolilli sulla Stampa del 26 maggio che «non è difficile individuare i contorni di una strategia di contenimento [della Cina ndr.]. Prima, Washington ha rafforzato le alleanze regionali con l’accordo commerciale Tpp che unisce 12 potenze del Pacifico [esclusa Pechino ndr.]. Poi ha fatto un’intesa col Vietnam che prevede la fornitura di armi e l’addestramento della Guardia costiera, in cambio di maggior accesso ai porti, e magari in futuro qualche esercitazione congiunta. Nello stesso tempo il Pentagono ha rifiutato l’espansionismo cinese nelle isole contese [tra Cina e Giappone ndr.], continuando a navigare nelle loro acque e sorvolare i loro cieli»
.
Una strategia che l’America ritiene indispensabile per due motivi: da una parte la Cina «è la potenza che secondo molti analisti finirà per scavalcare l’economia americana come leader mondiale […] Dall’altra, però, sta cercando di affermare una supremazia regionale, che se non fosse contenuta metterebbe in discussione quella globale che Washington conserva a fatica»
.
Nota a margine. Interessante, in particolare, l’accenno finale dell’articolo. Oltre al conflitto che incendia il Medio Oriente e alla faglia tettonica che rischia di collassare il mondo in un confronto tra Occidente e Russia, la tensione nel Pacifico che vede contrapposte Cina e Usa, e che coinvolge tanti Paesi dell’estremo Oriente, è un altro focus di questa guerra mondiale fatta a pezzi.
Se ad oggi il rischio di conflitti locali è basso, dato il grado di coinvolgimento degli Stati Uniti nell’area che rischierebbe di farlo dilagare in fretta, è possibile però che più prima che poi tale tensione inneschi conflitti localizzati, ma che vedano contrapposte le due parti. Un po’ quel che avvenne durante la guerra del Vietnam (da qui l’ostilità cinese agli accordi tra Stati Uniti e Hanoi, che a Pechino suonano simbolici).
La storia ha il vizio di ripetersi. Ma a differenza del passato, quando Unione sovietica e Cina marciavano su strade parallele e più discordi che concordi, oggi Mosca e Pechino hanno trovato nuove e intense convergenze. Cosa che cambia i rapporti di forza anche nel Pacifico.