8 Giugno 2016

Strage a Tel Aviv

Strage a Tel Aviv
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Due palestinesi, sembra cugini, hanno sparato sulla folla a Tel Aviv, uccidendo quattro persone. Una strage efferata e alquanto sofisticata, se si considera che è avvenuta a due passi dal quartier generale del ministero della Difesa e dell’esercito israeliano, uno dei luoghi più protetti, anche a livello di intelligence, di Israele.

 

Sembra che Hamas abbia rivendicato l’azione, ma è ancora presto per dire se si è trattato di un salto di qualità dell’intifada dei coltelli, che dura da tempo e vede lupi solitari in azione, o di altro e più articolato. Gli attentatori sono stati arrestati.

 

Val la pena in proposito citare la conclusione di un articolo di Fabio Scuto sulla Repubblica del 9 giugno: «Inizia così nel sangue il Ramadam, il mese di digiuno e preghiere per gli arabi, che è sempre foriero di tensioni e violenze. Così come accaduto nel 2014 quando le violenze durante il mese sacro innescarono la guerra di Gaza che si concluse dopo 51 giorni e un bilancio drammatico, di cui la Striscia paga ancora le conseguenze».

 

Nota a margine. A rendere ancora più terribile la vicenda, già di per sé tragica, la possibilità di una nuova guerra di Gaza, che già avevamo indicato come ipotesi reale in un precedente articolo.

Possibilità che affiora anche nelle parole del premier Netanyahu, che ha dichiarato che saranno prese tutte le misure necessarie per «difendere chi va difeso e attaccare chi ci attacca».

 

Il premier israeliano sta attraversando un momento non facile. È infatti alle prese con una sempre meno sorda protesta di importanti ambiti militari, critici verso certe derive di destra della società israeliana aille quali, questa la critica, egli darebbe autorevole sponda.

 

Inoltre, di recente, ha visto nascere una consistente fronda politica dentro il suo partito e altrove, che vede nell’ex ministro della Difesa Moshe Ya’alon, da lui defenestrato, il catalizzatore di un possibile nuovo ressemblement di destra che i sondaggi danno come primo partito alla Knesset.

 

Infine sua moglie è ancora una volta oggetto di indiscrezioni mediatiche che la vedrebbero coinvolta in problematiche giudiziarie.

Turbolenze che stanno fiaccando il «mago» della politica israeliana, come lo definiscono i suoi sostenitori. Netanyahu non può quindi mostrarsi debole di fronte a questo attentato. E ciò accresce il rischio di nuove operazioni militari su larga scala. 

 

L’estate, da questo punto di vista, porta sfortuna: le ultime guerre di Gaza sono avvenute durante tale stagione. Ma esistono fattori ostativi a tale tragica possibilità sui quali si può sperare: anzitutto la stessa debolezza del premier, che in un’eventuale campagna militare non potrebbe permettersi errori. Vedremo.