Gli Usa e le elezioni truccate
Tempo di lettura: 3 minutiLe elezioni americane sono truccate. È quanto va ripetendo Donald Trump, suscitando le ire del campo avverso. Non è il solo a lanciare accuse del genere. Lo seguono a ruota Rudolph Giuliani e altri esponenti repubblicani che sostengono il tycoon.
Le proteste di Trump suscitano ironia, preoccupazione e inquietudine in quanti lo accusano di non voler rispettare le regole del gioco e alimentare ignobili sospetti.
In realtà non è la prima volta che le elezioni americane devono rapportarsi con tale problematica, basti pensare al difficile conteggio dei voti in Florida che consegnò la presidenza a George W. Bush.
Vero che l’allora sfidante non rovesciò il tavolo, riconoscendone la vittoria e accettando le regole.
È vero però che le preoccupazioni dei sostenitori di Trump sono alimentate da anomalie sistematiche che finora hanno favorito non poco la vittoria della Clinton.
Basti pensare alle primarie democratiche, il cui esito era scontato fin dall’inizio, dal momento che quasi tutti i delegati del partito, che rappresentano più o meno i due terzi dei delegati necessari a ottenere la nomination democratica, si erano preventivamente espressi in favore della Clinton.
Il voto popolare, quindi, al quale la Clinton ha pur dovuto sottoporsi, è apparso da subito solo un passaggio obbligato dal gioco, ma alquanto ininfluente (se non a livello di immagine e di spettacolo).
E però la campagna ha conosciuto l’imprevisto Bernie Sanders, e nonostante i notabili di partito portassero valanghe di voti alla Clinton, il suo sfidante ha messo a rischio il teatro già predisposto pescando consensi da mondi alieni a quello del partito.
Ad attutire la portata di quella che è stata definita una rivolta anti-sistema, il consenso che la Clinton ha ottenuto anche nel suffragio popolare, grazie alle clientele e alla macchina sulla quale poteva contare il “suo” partito.
Né hanno aiutato Sanders i tanti errori che si sono susseguiti durante le operazioni di voto. Errori sistematici, tra cui quello simbolico avvenuto a Brooklyn, suo quartiere nativo, nel quale migliaia di elettori sono stati cancellati dalle liste elettorali all’ultima ora. Episodio che Bernie ha definito «vergognoso», con aggettivo alquanto qualificativo.
Su tali errori sistematici aleggia l’ombra inquietante delle rivelazioni di wikileaks, che ha svelato come i vertici del partito democratico abbiano favorito in tutti i modi l’ex segretario di Stato.
Un’accusa più che fondata, tanto che il presidente del comitato elettorale ha dovuto dimettersi.
Nelle prossime elezioni presidenziali Trump avrà contro tale apparato, che dubitiamo sia stato risanato grazie alle dimissioni “necessitate” del suo vertice.
Non solo; il tycoon non potrà neanche avvalersi del sostegno dell’apparato repubblicano, dal momento che gran parte dell’establishement del suo partito gli rema contro.
Agli apparati dei due partiti tradizionali spetterà il compito di sovraintendere le operazioni elettorali. Che Trump possa essere un po’ inquieto sulla trasparenza di tali operazioni appare, se non legittimo, almeno non del tutto irragionevole.
Detto questo è chiaro che il tycoon sarà chiamato ad accettare il (quasi sicuro) verdetto avverso. Una contestazione accentuata del risultato rischierebbe di spaccare il Paese e provocare disordini («violenze» paventate peraltro da Barack Obama in un intervento allarmato). Cosa che precipiterebbe gli Stati Uniti in una situazione pericolosa.
Gli ambiti che sostengono la Clinton, neocon e signori della finanza, potrebbero infatti suggerire alla loro protetta di evocare lo stato d’emergenza, che consegnerebbe al presidente poteri straordinari. Cosa che il Paese e il mondo non possono permettersi in un periodo così critico.
Triste spettacolo quello che offre oggi la democrazia americana. D’altronde quando per decenni si propugna l’idea che si possa esportare la democrazia a suon di bombe è facile che l’idea stessa di democrazia risulti a sua volta bombardata.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: mai come in questo momento il popolo americano si sente defraudato dai propri diritti, questa la genesi del consenso massivo indirizzato verso i candidati anti-sistema Sanders e Trump. E mai le elezioni americane sono state così barbare, e non certo per demerito del solo Trump.
Non è un buon viatico per la tenuta della democrazia americana. Né per quella dell’Occidente.
Ps. Oggi è finito fuori pista l’aereo utilizzato da Trump nella campagna elettorale. Il velivolo trasportava Mike Pence, l’esponente repubblicano che il tycoon ha designato come suo eventuale vice-presidente.
La fotografia di questo incidente di percorso appare segno premonitore riguardo il cammino di Trump in queste presidenziali. Destinato a un atterraggio fuori pista. Vedremo.