23 Gennaio 2017

Un nuovo '68 contro Trump

Un nuovo '68 contro Trump
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«Dobbiamo creare un movimento di resistenza permanente, come negli Anni Sessanta, per far cadere Trump». Così Erica Jong in un’intervista rilasciata a Paolo Mastrolilli per la Stampa del 22 gennaio a commento della marcia di protesta promossa da alcune organizzazioni femministe (et similia) in America subito dopo l’insediamento del nuovo presidente.

 

Così si conclude l’intervista: «Non credo che Trump completerà il suo mandato: i rapporti con la Russia, i conflitti di interessi, qualcosa lo abbatterà. Noi dobbiamo facilitare questo processo, creando una resistenza costante e asfissiante, come quella che piegò Nixon».

 

Nota a margine. Molto più che interessante il commento della scrittrice americana. In effetti si può dire che la globalizzazione è stato il compimento del ’68 (e, nel suo inveramento, la sconfitta delle istanze libertarie che pure animavano i ragazzi che vi si erano consegnati). 

 

La critica alla sinistra tradizionale, che difendeva il lavoro, ebbe il risultato di creare una sinistra diversa, quella impersonata in politica dai vari Clinton e Blair. Nacque la cosiddetta “Terza via”, dove le istanze rivoluzionarie proprie della sinistra furono sussunte dal grande Capitale, il quale diede vita appunto alla rivoluzione contro la borghesia e i lavoratori, conseguendo un successo planetario.

 

Tale rivoluzione globale ha creato appunto la globalizzazione attuale, dove il potere è totalmente appannaggio della Finanza che la governa grazie alla sua ricchezza virtuale (la fantasia è andata al potere e lo gestisce, come voleva un famoso slogan sessantottino).

 

Un mondo dove anche i meccanismi e le dinamiche del potere sono diventati virtuali, stante che la politica è diventato un teatrino sempre più svuotato di potere.

 

Non è possibile tornare indietro, ma la rivoluzione immaginata da Trump (e da quanti hanno creato tale fenomeno) tende a porre dei correttivi in questo sistema impazzito.

 

Da qui la rabbia degli sconfitti che si sentono defraudati di parte del loro potere. E, come da minaccia di Erica Jong, sognano di scatenare contro il Nemico esistenziale un nuovo ’68.

 

Ad oggi si è registrata solo una pacifica marcia delle donne, ma i tamburi di guerra riecheggiano. Se si tiene conto del potere che conservano i circoli che hanno favorito la globalizzazione e le derive violente che assunse la rivoluzione sessantottina (terrorismo e altro), la minaccia della scrittrice assume connotati più che sinistri.