Trump e il Muro del Pacifico
Tempo di lettura: < 1 minute«La telefonata distensiva tra Trump e il presidente cinese Xi Jinping, preceduta dalla notizia dell’esistenza di un precedente scambio epistolare tra Washington e Pechino, chiude una pericolosa escalation tra le due superpotenze».
Inizia così un articolo che ho pubblicato sugli Occhi della guerra riguardante le tensioni, di ordine militare e commerciale, tra Stati Uniti e Cina. Tensioni che la presidenza Trump potrebbe accentuare, almeno a stare a quanto il nuovo inquilino della Casa Bianca ha affermato durante la campagna elettorale.
Quel che interessava sottolineare nell’articolo, però, al di là dei controversi rapporti tra Washington e Pechino, ancora tutti da dipanare, è che la cancellazione del trattato di libero scambio del Pacifico (Tpp), che Obama aveva siglato con diversi Paesi asiatici esclusa la Cina, e l’introduzione di dazi doganali sui prodotti asiatici, misura che Trump ha annunciato e che riguarda anche il Dragone, sono scelte che non nascono solo da mere ragioni commerciali.
Si tratta, infatti, di iniziative che hanno un valore analogo a quello dell’erezione di un Muro alla frontiera messicana: Trump vuole delimitare i confini dell’Impero anche a Ovest, sul versante del Pacifico, attraverso l’erezione di un altro muro, stavolta simbolico, fatto cioè non di mattoni ma di dazi.
Iniziative quindi di alto profilo politico, almeno nelle intenzioni, perché tese, come altre, a contrastare la globalizzazione, di cui il nuovo presidente americano è acceso critico.
Chi vuole leggere l’integrale dell’articolo sugli Occhi della guerra può cliccare qui.