La Ue e lo schiaffo alla Polonia
Tempo di lettura: 2 minutiLa Polonia «giocherà una partita dura» con Bruxelles, ha dichiarato Il ministro degli Esteri polacco Witold Waszczykowski sabato scorso commentando la conferma di Donald Tusk a presidente dell’Unione Europea. «La politica dell’UE si è rivelata essere una politica di doppi standard e di imbrogli», ha aggiunto l’uomo politico.
A riportare le adirate dichiarazioni di Waszczykowski è stata la Reuters del 13 marzo. Waszczykowski è un esponente del partito Diritto e Giustizia, di cui è leader Jarosław Kaczyński, che governa la Polonia.
“Sicuramente dobbiamo abbassare drasticamente il nostro livello di fiducia nei confronti dell’UE». Ha rincarato la dose Waszczykowski. A far infuriare il governo polacco, furia alla quale il ministro degli Esteri ha dato voce, il fatto che l’Unione europea abbia confermato Tusk nonostante il parere contrario della Polonia.
A volere a tutti i costi la riconferma di Tusk è stata la Germania, tanto che a Varsavia si è inveito contro il diktat della Merkel.
Nota a margine. Dichiarazioni certo fuori registro quelle del ministro degli Esteri polacco, e in linea con l’euroscetticismo del suo partito. Resta il fatto che è ben strano che i capi di Stato e di governo dell’Unione non abbiano preso in minima considerazione il parere di Varsavia.
Si poteva convergere su un’altra figura meno divisiva: sarebbe stato facile e avrebbe evitato ulteriori, quanto inutili, conflitti con la Polonia, già ingaggiata in una difesa esasperata della propria sovranità a scapito di Bruxelles. Ma a quanto pare la Germania voleva a tutti costi Tusk e lo ha imposto.
L’attuale governo di Varsavia non poteva che leggere tale riconferma, e non a torto, come un atto ostile nei suoi confronti. Una sfida contro il partito Diritto e Giustizia e i suoi leader che governano il Paese e una ingerenza indebita nella competizione politica polacca (dal momento che si è scelta l’opposizione al legittimo governo).
Fosse capitato in una votazione aperta del Parlamento europeo avrebbe avuto altro respiro. Nel chiuso di un ristretto vertice di capi di Stato e di governo assume tutto un altro significato.
Di per sé tale vicenda non avrebbe un grande peso politico, ma a livello simbolico ha la sua importanza. Non solo per il destino del governo polacco, da tempo in conflitto con Bruxelles. Ma anche per quello della Ue.
La cessione di sovranità che in maniera sempre più cogente si richiede ai membri dell’Unione a favore di Bruxelles dovrebbe avere una motivazione virtuosa, ovvero quella di favorire i vari Paesi che la compongono a prescindere dai governi transeunti degli stessi.
E, soprattutto, Bruxelles dovrebbe tenere in debito conto della parte di sovranità che non è devoluta all’Unione, che poi è la parte fondamentale in una democrazia, ovvero la libertà dei popoli di scegliere, tramite libere elezioni, i loro governi. Non è certo una parte trascurabile della sovranità di uno Stato.
Sotto un’ottica geopolitica più ampia, con la riconferma di Tusk sembra si sia voluto premiare uno degli alfieri della necessità di un confronto tra Ue e Russia, essendo egli consegnatosi in toto a tale causa. Non aiuta ad attutire le pericolose tensioni che provoca tale conflittualità permanente.