La visita di Tillerson in Russia
Tempo di lettura: 3 minuti«La visita di martedì prossimo a Mosca del segretario di Stato americano, Rex Tillerson, sarà decisiva per capire le intenzioni di Washington. Vede, noi possiamo capire e perfino tollerare il lancio dei missili Tomahawk [in Siria ndr.], soprattutto se servono a rafforzare Donald Trump sul piano interno».
«Di più, se quest’azione non riporta nell’agenda Usa il cambio di regime, cioè la caduta di Assad, è perfino strategicamente meglio per la Russia, perché permetterà a Trump di fare dei passi costruttivi verso Mosca. Ma se il cambio di regime è di nuovo parte della politica Usa, allora la nostra conclusione sarà che questa amministrazione è perfino peggio di quella precedente ed è un pericolo per noi, lasciandoci aperta solo la strada di un duro confronto
». A parlare è Dmitrij Suslov, direttore del Centro di Studi europei presso la Scuola Superiore di Economia di Mosca, in un’intervista rilasciata a Paolo Valentino sul Corriere della Sera del 9 aprile.
Intervista di grande interesse. Non solo per la prima risposta, che spiega perché i russi non abbiano fatto resistenza al lancio di missili ordinato dall’amministrazione Trump contro la base aerea siriana usata anche dai russi nonostante potessero intercettarli (in zona sono posizionate le batterie difensive SS300 e SS400).
Interessante anche l’analisi di Suslov sull’evoluzione di Trump: eletto in forza della sua carica rivoluzionaria «ha dovuto fare i conti con le resistenze della burocrazia, dello Stato profondo e del Pentagono, del Congresso e dell’establishment, che lo hanno costretto a normalizzarsi».
«Mosca sin dall’inizio si è resa conto che c’è un lato oscuro e uno luminoso in questa amministrazione – continua Suslov -. Quello oscuro è l’unilateralismo, quello luminoso è la rinuncia all’approccio ideologico in politica estera, di cui il regime change [in Siria ndr.] era la punta di lancia. In ragione di questo secondo aspetto, il Cremlino aveva espresso moderato ottimismo verso Trump. Ora si tratta di capire se il cambio di atteggiamento verso la Siria e Assad sia solo retorico o sia sostanziale
».
La lucida analisi di Suslov non rammenta deliberatamente l’atteggiamento di Trump durante la campagna elettorale, quando l’allora candidato alla Casa Bianca parlava esplicitamente di una convergenza tra Stati Uniti e Russia su diversi dossier.
Tale ipotesi, dopo la normalizzazione di Trump, è definitivamente tramontata. E però si possono ancora porre dei limiti all’unilateralismo americano. Sempre che, come spiega Suslov, esso non si dispieghi in maniera ideologica.
Perché ciò avvenga la fazione più pragmatica, rappresentata da parte dell’apparato militare e dell’intelligence, deve vincere su quella esoterica, ovvero quella dei neoconservatori che, pur costituita da parte dello stesso apparato, ha più presa sull’establishement politico (repubblicano e democratico).
Così più che nel confronto tra Stati Uniti e Russia o tra Stati Uniti e Cina, il destino del mondo si deciderà nel cuore dell’Impero. Possibile che la battaglia tra le due fazioni sia lunga e conosca imprevisti di percorso.
La fazione esoterica può contare su una libertà di manovra che non è concessa ai loro avversari, potendo contare sull'”opzione apocalisse”, ovvero lo scontro frontale tra Washington e altre potenze mondiali. Ma tale follia può anche costituire un limite da sfruttare.
Resta, da ultima, l’ironica constatazione del cambiamento di atteggiamento dei media riguardo il nuovo inquilino della Casa Bianca. Prima razzista, fascista e sessista, oggi, dopo aver lanciato dei missili in spregio al diritto internazionale e ignorando l’Onu, paladino della democrazia e della libertà. Strano metro di giudizio…