17 Ottobre 2012

Trattativa Stato-mafia, la lettera premonitrice sull'addio al 41 - bis

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Una lettera anonima, indirizzata a 39 uomini delle istituzioni, circolava nel 1992. Era stato appena assassinato Giovanni Falcone, ma non Paolo Borsellino, che era uno dei destinatari della missiva. Nella lettera si annunciava quello che poi è stato l’oggetto dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Così ne riassume il contenuto il Fatto Quotidiano: «nella fattispecie la lettera, già vent’anni fa, parlava del reinserimento dei latitanti nella società attraverso la dissociazione, dell’abolizione del 41 bis e del blocco della confisca dei beni alla mafia (…); narra la rapidissima discesa di Giulio Andreotti, facendo riferimento a personaggi di spicco della Dc siciliana, come Calogero Mannino e Sergio Mattarella, che avrebbero agito per scardinare quel potere. Da qui la morte di Salvo Lima e tutto ciò che ha poi portato alla stagione stragista». L’autore della missiva, secondo le conclusioni del cronista del quotidiano, sarebbe un uomo delle istituzioni, forse del Ros.

Ricordo quella lettera, perché le fotocopie circolavano nelle redazioni. Mi colpì un particolare, quello riassunto dal Fatto Quotidiano con «reinserimento dei latitanti nella società attraverso la dissociazione». Ricordo che la lettera annunciava una stagione di pentiti: molti uomini di mafia si sarebbero pentiti e, in virtù di questa collaborazione, avrebbero governato l’isola per i prossimi anni. Dopo la strage di via D’Amelio, dove perse la vita Borsellino, vi fu in effetti quella che potrebbe essere definita la stagione dei pentiti: mai nella storia della mafia (o di altre organizzazioni criminali italiane) vi furono tanti pentiti (anche se forse sarebbe più corretto usare l’espressione “collaboratori di giustizia”). Né mai così tanti ce sono stati dopo. Un migliaio di persone, forse, che resero le loro dichiarazioni nell’arco di due o tre anni. Un pentimento orientato, spiegava la lettera, subordinato cioè a un futuro reintegro nella società, come rammenta il Fatto Quotidiano.

Quella stagione, fu spiegato, nasceva dall’incalzare delle inchieste giudiziarie. Presumibilmente vero, ma certo un approfondimento di quanto era scritto nella missiva non sarebbe stato vano. Anche perché era stato promesso dalle autorità, come accenna l’articolo del Fatto, su richiesta del senatore comunista Lucio Libertini, il quale, rompendo «il muro del silenzio», aveva chiesto lumi in proposito il 7 settembre 1992, in un intervento a Palazzo Madama.

Di questo approfondimento non si è saputo nulla.

 

 

 

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