L'Ad di Goldman Sacs: ripetere il referendum sulla Brexit
Tempo di lettura: 2 minutiL’amministratore delegato di Goldman Sachs, Lloyd Blankfein, ha chiesto al Regno Unito di tenere un secondo referendum sulla Brexit.
E ha aggiunto che «molti desiderano un voto di conferma su una decisione così enorme e irreversibile. C’è così tanto in gioco, perché non assicurarsi che la Brexit abbia ancora il consenso?».
Goldman Sachs, il più importante istituto finanziario del mondo, nel 2016 aveva “donato” una somma a sei cifre alla campagna per il Remain. Come si vede la Brexit ha molti e potenti nemici.
Non solo la Finanza. Anche la politica britannica conta paladini irriducibili del Remain, che hanno in Tony Blair il loro punto di riferimento.
Lo accennava, alcuni giorni fa, Luigi Ippolito, sul Corriere della Sera. Un articolo nel quale Ippolito accennava al mandato che l’ex primo ministro britannico avrebbe conferito a un suo consigliere, Lord Adonis, per esplorare insieme alla Ue «alternative alla Brexit».
«C’è ancora il 50 per cento di possibilità che la Gran Bretagna resti nell’Unione europea», avrebbe detto Lord Adonis in una riunione a porte chiuse tenuta presso la sede della Commissione Ue a Londra.
La dichiarazione riportata dal cronista del Corriere e la dichiarazione dell’Ad di Goldman Sachs sono significative: per tanti ambiti l’attivazione dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che definisce le procedure per l’uscita dalla Ue di uno Stato membro, non è stata altro che una dichiarazione d’intenti che può essere rivista e revocata.
Di certo non si sarebbe data l’alternativa: se avesse vinto il Remain, tali ambiti, come accade in altre occasioni, avrebbero plaudito il voto popolare, capace di fare argine al populismo dei sostenitori della Brexit.
E avrebbero rigettato come anti-democratici eventuali appelli a ripetere il referendum. Ergendosi, anche qui, a paladini della democrazia contro la minaccia del populismo.
Al di là di tali ipocrisie, resta che le oscure manovre contro la Brexit evidenziano il disprezzo dei fondamenti della democrazia da parte delle élites finanziare internazionali e dei politici a loro consegnati (Blair, insieme a Bill Clinton, è stato uno degli artefici del processo di asservimento della politica alla Finanza globale).
Il fatto che siano ormai tali élites a governare l’Occidente, stante il loro trionfo sulla Politica e il loro controllo della res publica (divenuta ormai res privata di tale ristretto ambito), è indicativo dello stato della democrazia laddove tale modello politico ha avuto il suo luogo sorgivo e si è realizzato. Constatazione più che inquietante.