25 Novembre 2017

Venerdì Nero: "Je suis égyptien"

Venerdì Nero: "Je suis égyptien"
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Mentre per l’Occidente il Venerdì nero ha coinciso con una festività tutta laica all’insegna del consumo, grazie agli sconti generalizzati, nel mondo islamico ha avuto un diverso significato. Quello segnato dall’ecatombe egiziana.

Un venerdì nero che in qualche modo rievoca un’altra scadenza oscura, quella di settembre nero, quando i giordani massacrarono i palestinesi.

Infatti, anche questo tragico venerdì c’entra in qualche modo con i palestinesi, stante che la strage è avvenuta all’indomani dell’accordo delle varie forze politiche palestinesi per un futuro più condiviso.

Accordo difficile, data l’acerrima conflittualità delle forze in questione, che era stato trovato proprio in Egitto grazie alla mediazione del presidente al Sisi.

Insomma, da settembre nero a venerdì nero. Val la pena notare che la strage è avvenuta quasi in contemporanea con la sparata del principe ereditario saudita Mohamed bin Salman, che ha accusato l’ajatollah Khamenei di essere il «nuovo Hitler».

Una constatazione che dovrebbe essere condivisa dall’Europa, ha spiegato il principe, che dovrebbe ricordarsi che non si fanno accordi con i dittatori.

Una sparata che si sperava potesse trovare contrasto nel variegato ambito ebraico, stante l’indebito quanto scellerato accostamento tra un leader spirituale, se si vuole discutibile, e l’Olocausto.

Ma al di là, val la pena accennare al fatto che tale dichiarazione dirompente rilancia la sfida all’Iran da parte dei sauditi, che tentano così di azzerare la debacle subita in questi giorni, quando è andato vuoto il tentativo di innescare un conflitto sociale in Libano per mettere in difficoltà hezbollah (che all’Iran è legata).

Questo, infatti, il motivo del rapimento del primo ministro libanese Saad Hariri ad opera dei sauditi, e delle sue “dimissioni”. Tentativo fallito grazie alla reazione libanese, alla mediazione francese e all’impossibilità di trattenere prigioniero l’illustre personaggio.

Azioni parallele, non solo nella cronologia, quella dell’Isis in Egitto e la sfida saudita contro l’Iran. D’altronde non è una novità: anche la guerra siriana ha visto le manovre saudite intrecciarsi in maniera indebita con l’azione terrorista, ambedue impegnate nel contrasto ad Assad.

Non un collegamento diretto quello di ieri, certo: ma sappiamo bene che le centrali del Terrore, i cui sensori sono attentissimi, sono in grado di percepire immediatamente l’odore dello scontro.

L’odore del sangue li eccita, ne intuiscono la portata destabilizzante. Così si infilano veloci negli spazi che i conflitti gli aprono e colpiscono, alimentando la portata destabilizzante di tali conflitti, brodo di coltura ideale per le loro oscure manovre.

Val la pena concludere questa breve nota accennando che in Occidente l’ecatombe egiziana non ha avuto grande effetto.

Nessun “Je suis égyptien” per i poveri morti ammazzati nella moschea dei sufi, ramo islamico tra i più pacifici. Un oblio che non si spiega solo col fatto che i morti non occidentali non fanno notizia.

Ma anche con il fatto che in Occidente tanti ambiti si sono trovati spiazzati. Perché piangere dei morti musulmani va contro il dettato che vuole il mondo preda di uno scontro di civiltà tra islam e occidente.

Una narrativa diffusa e ossessiva, che sballa quando il Terrore, che si dice islamico ma è semplicemente satanista, uccide musulmani.

Una notizia attutita anche da altro, cioè dalla Paura in cui è precipitato l’Occidente  per quanto avveniva in parallelo a Londra, dove la polizia è intervenuta per un allarme attentato alla metro.

Tale notizia ha di fatto oscurato l’ecatombe egiziana. E probabilmente non è un caso, stante che le menti del Terrore sono raffinatissime e avevano necessità di prevenire un’ondata di commozione per i morti islamici.

E ciò perché anche a loro serve la narrativa dello scontro di civiltà. Non solo gli è necessaria, ma è parte fondante del loro schema d’attacco globale.

Resta da capire cosa sia successo davvero a Londra. Il motivo dell’allarme e del panico diffuso è controverso. Il Corriere della Sera di oggi spiega che sarebbe addirittura da attribuire al “bang” di un tubo di scappamento. Ma attendiamo spiegazioni più serie.

Così, per concludere, una nota commossa. Non contiamo nulla, ma ci sentiamo in qualche modo obbligati, noi che abbiamo aderito di cuore ai vari “Je suis” che si sono succeduti nel tempo e nel dolore, a rendere analogo omaggio ai poveri morti egiziani: “Je suis égyptien”.

 

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