Linkin Park, One more light
A chi importa se un’altra luce si spegne?
In un cielo di un milione di stelle
Tremola, tremola…
A chi importa quando il tempo di qualcuno si esaurisce?
Se un momento è tutto ciò che siamo
O più breve, più breve!
A chi importa se un’altra luce si spegne?
A me, certo!
In cucina, una sedia in più di quante servono
Non è giusto!
Ma solo perché non lo puoi vedere
Non significa che non sia lì con te!
E’ bello quando le passioni si tramandano da chi è vicino, come un contagio; uno scambio di cose care offerte quasi senza saperlo… così è stato per i Linkin Park, gruppo di grande impatto e di grande successo che ascolto come un’eco lontana quasi quotidianamente da una quindicina di anni tra le mura domestiche.
Per poi scoprire, improvvisamente, che i testi delle canzoni sono spesso davvero belli, profondi, e semplicemente sinceri. Gridano, fanno domande, chiedono aiuto.
E lo fanno in maniera nuova, quasi sperimentale, attraverso due voci completamente agli antipodi l’una dall’altra: quella di Chester Benninghton, ottimo cantante rock, grande trascinatore e urlatore, e quella di Mike Shinoda, più tranquillo e meditativo, un rapper.
Mai sentito prima di allora un suono così. Ma la cosa funziona; i due stili insieme funzionano eccome. Il risultato è nuovo, forte, travolgente.
Nati a Los Angeles nel 1996 i Linkin Park hanno un successo immediato, grandissimo. Il loro primo lavoro, Hybrid Theory, vende in un attimo oltre 12 milioni di pezzi. Un successo subitaneo quanto immenso.
Negli anni a seguire, anche strizzando l’occhio ad una certa orecchiabilità, diventano tra i gruppi maggiormente seguiti al mondo. Sono in cima a tutte le classifiche di vendita, di gradimento, della critica.
Il pubblico impazzisce per loro, i concerti registrano presenze oceaniche, i loro lavori vengono attesi con spasmodica ansia da un pubblico sempre più grande, sempre più caldo e affettuoso.
Le nuove canzoni vengono date in mini-anteprime di venti secondi su internet nei giorni precedenti l’uscita del cd. I loro brani diventano la colonna sonora delle giornate, dei sogni, delle illusioni di un pubblico giovane, sempre più numeroso.
In the end, Numb, What I’ve done, Papercut, Runaway, Crowling, Somewhere i belong, Leave out all the rest, sono solo alcune delle grandi canzoni di questo nuovo rock giovane, un po’ sperimentale e un po’ commerciale.
Arrivano ad esibirsi sullo stesso palco di Metallica e Muse. La loro stella ora brilla definitivamente, il successo è conclamato.
E così cresce l’ immagine di gruppo impegnato, anche politicamente: i Linkin Park fondano una associazione che raccoglie fondi per le popolazioni bisognose d’aiuto a causa di terremoti, tsunami ed eventi naturali avversi. Sono tra gli organizzatori del Live 8 e di tantissimi altri eventi benefici.
Ma l’uscita a maggio di quest’anno di One more light, il loro ultimo album, è un grande punto interrogativo, un duro colpo per i tantissimi fans ad ogni angolo del mondo.
Sembra che i Linkin Park non gridino più: niente più rock, niente chitarre infuocate e ritmi heavy, niente urla disperate. Da quegli altoparlanti sembrano uscire solo suoni comuni, voci ben educate, la musica di uno sdolcinato pop che ormai ha conquistato le nostre orecchie atrofizzate dai vari X Factor globali.
Ma l’album, seppur ben al di sotto dei precedenti, a ben vedere contiene ancora qualcosa di interessante, di vero, di sincero.
La canzone One more light per esempio. Travestita da ballata pop (ma in fondo che male c’è?) viene cantata in lacrime da Chester al funerale dell’amico Chris Cornell, che si è ucciso proprio mentre usciva l’album.
E più volte gli viene dedicata durante i concerti. È un brano che davvero fa venire la pelle d’oca, commuove. Commuove e grida, domanda, chiede aiuto, ancora nonostante il cambiamento, nonostante tutto.
«A chi importa se una luce si spegne?» è il grido che risuona in queste occasioni.
Ma un colpo ancor più duro attende i fans dei Linkin park.
Infatti le giovani luci piene di talento non la smettono di spegnersi. E così, dopo solo due mesi dalla morte di Cornell, anche Chester Benninghton si toglie la vita. E nello stesso modo dell’amico.
La notizia in un attimo giunge fino al più lontano dei fans.
Ascoltare ora One more light (il video qui di seguito è stato registrato a Monza), cantata da Chester con così grande trasporto ci fa davvero intravvedere la grandezza di quel grido che cerca un impossibile aiuto, un grido disperato, che la musica, nel suo lato più sincero, è ancora capace di esprimere e di far arrivare ai nostri cuori. Una canzone evocativa, ma in qualche modo anche profetica.
Questi i Link ai quali rimandiamo.
One more light & crowling– Numb – In the end – Leave out all the rest – Papercut