14 Febbraio 2018

È finita l'era Netanyahu?

È finita l'era Netanyahu?
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La polizia israeliana, al termine di una lunga e travagliata inchiesta, ha espresso la convinzione che Benjamin Netanyahu debba essere incriminato. 

L’accusa è di aver preso una tangente e di essersi ingerito nella libertà di stampa, favorendo il giornale Yedioth Ahronot – forse il giornale più letto in Israele –  contro il suo diretto concorrente. Ora è la magistratura a dover decidere se intentare o meno un processo.

La decisione della polizia ha suscitato la reazione del premier israeliano, che martedì sera si è difeso strenuamente nel corso di una lunga intervista televisiva, ribattendo punto su punto alle accuse.

Non è la prima volta che in Israele si dibatte su tale vicenda. Ma «da martedì sera, è chiaro che non si tratta solo di vassoi o di alcuni sigari – regali forniti da amici – ma di una tangente per un totale di 1 milione di NIS […]». scrive Sima Kadmon su Yedioth Ahronoth.

«È improbabile che l’Ufficio del Procuratore di Stato, che martedì ha ricevuto le raccomandazioni della polizia, possa cambiare la situazione», prosegue la Kadmon «ed è difficile credere che il procuratore generale possa essere in grado di sfuggire alla bomba che lo attende sulla sua soglia. Quanto emerso è troppo serio perché qualcuno o qualcosa possa bloccarlo per interesse, pressioni o paure».

«Persino gli scettici tra noi», aggiunge la Kadmon, «quelli che credono che Netanyahu riesca a cavarsela da qualsiasi cosa, capiscono che quel martedì sera segna l’inizio della sua fine».

«Nonostante la promessa di Netanyahu di correre ancora alle prossime elezioni», aggiunge ancora la cronista israeliana, «dubito che egli ci creda davvero. Capisce che anche tra i suoi fedeli sostenitori, non sono molti quelli disposti a comprare la versione che ha provato a vendere martedì sera e che la polizia guidata dal commissario Roni Alsheikh stia complottando per deporlo».

Nessuna legge può obbligarlo a dimettersi. Ma, continua la Kadmon, i dirigenti del «Likud accetteranno che rimanga leader del loro partito e loro primo ministro un uomo sospettato di aver ricevuto una bustarella?».

Non solo il Likud: il destino di Netanyahu è appeso anche all’appoggio dei suoi alleati al governo. Si tenga conto che in Israele stanno montando le proteste popolari contro la corruzione, accenna la Kadmon.

E che prima o poi i leader della coalizione di governo avranno in mano i sondaggi relativi al gradimento dei loro partiti. Solo allora si saprà quel che essi pensano davvero di questa vicenda «e quanti seggi della Knesset siano disposti a rischiare per difendere il primo ministro».

Netanyahu è stato primo ministro israeliano dal 1996 al 1999 e dal 2009 a oggi: una durata che in termini politici è una vera e propria “era”. Il fatto poi che tale “era” si sia consumata in Israele e, più in generale, in Medio oriente, lo rende un protagonista assoluto della politica internazionale.

L’esito di questa vicenda giudiziaria, quindi, ha, e avrà, riflessi globali. Si pensi solo alle conseguenze che l’eventuale caduta del premier israeliano avrebbe sull’amministrazione americana, stante che egli è l’alleato di maggior peso di Donald Trump, il quale ha conquistato la presidenza proprio grazie al suo decisivo appoggio. Vicenda tutta da seguire, insomma.