16 Marzo 2018

Corbyn, il caso Skripal e il confronto globale

Corbyn, il caso Skripal e il confronto globale
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Ha suscitato controversie un articolo di Jeremy Corbyn pubblicato sul Guardian, nel quale il leader laburista chiede al governo di non reagire affrettatamente sul caso dell’avvelenamento di Skripal e della figlia Julia, che ha innescato un feroce muro contro muro tra Occidente e Russia.

Skripal, ex spia russa rifugiata in Gran Bretagna, è stato avvelenato col gas nervino. Un’operazione ordinata da Putin, secondo il governo britannico, che è andato giù duro, seguito a ruota da Stati Uniti, Francia e Germania.

Contro Mosca sono state emanate nuove sanzioni e 23 dei suoi diplomatici sono stati espulsi da Londra.

Jeremy Corbyn, l’articolo del Guardian 

Corbyn chiede di non trarre conclusioni affrettate, e spiega che quanto accaduto esige «prima di tutto un’indagine più completa e minuziosa».

Inoltre ricorda come la May, nel suo primo discorso, avesse prospettato due ipotesi: che l’attacco fosse opera di Mosca oppure di qualche oligarca russo.

In quest’ultimo caso la Russia sarebbe colpevole di omesso controllo riguardo la fuga di gas (nervino). E non sarebbe «possibile escludere una connessione [tra l’attentato a Skripal] e gruppi russi assimilabili alla mafia» autorizzati a risiedere e operare in Gran Bretagna.

«La nostra capacità di affrontare le offese ricevute dalla Russia – spiega Corbyn – è compromessa dall’ondata di denaro sporco che gli oligarchi russi – sia quelli alleati che gli oppositori del governo russo – hanno riciclato attraverso Londra negli ultimi due decenni».

«Dobbiamo smettere di servire il capitalismo clientelare russo in Gran Bretagna e di tollerare i miliardari corrotti che usano Londra per custodire la loro ricchezza».

Sul caso Skipal, continua il leader laburista, occorre reagire a seconda delle due ipotesi. Ma «non fabbrichiamo una divisione con la Russia dove non esiste».

I dirigenti del labour non stimano Putin per tanti motivi, prosegue Corbyn, «tuttavia, ciò non significa che dobbiamo rassegnarci a una “nuova Guerra Fredda” che provochi  un aumento della spesa per le armi, conflitti per procura in tutto il mondo e un’intolleranza in stile maccartista verso il dissenso».

Infine, Corbyn chiede di non ripetere errori del passato: «Un’intelligence fallace e loschi dossiers hanno condotto alla calamità dell’invasione dell’Iraq. Abbiamo visto un travolgente sostegno bipartisan al momento di attaccare la Libia, e si è dimostrato [un intervento] sbagliato. La ripugnanza generalizzata seguita agli attacchi dell’11 settembre ha portato a una guerra in Afghanistan che continua ancora oggi, mentre il terrorismo si è diffuso in tutto il mondo».

Quanto accaduto in Russia dopo il crollo dell’Unione sovietica, conclude, deve «essere affrontato attraverso il diritto internazionale e la diplomazia, se vogliamo invertire la tendenza al conflitto».

Come a Sarajevo?

Lo scritto di Corbyn è una boccata d’ossigeno in un mondo impazzito. Ieri il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg ha dichiarato che l’Occidente «non vuole una nuova Guerra Fredda». Ma purtroppo è quanto sta accadendo.

Interpellato dalla Repubblica, lo scrittore inglese Robert Harris, dopo aver affermato che «neanche nella Seconda Guerra mondiale gli Alleati avevano ricevuto un attacco simile dai nazisti» (Putin peggio di Hitler è il facile quanto folle sillogismo), spiega invece che «non è una nuova Guerra Fredda», ma qualcosa di diverso: «È come se fossimo alla vigilia della Prima guerra mondiale».

Il momento ricorda quanto avvenuto «nel 1914 a Sarajevo: un qualsiasi gesto può scatenare la catastrofe».

C’è una spinta fortissima per portare il confronto Est-Ovest al parossismo. Col rischio reale di un incidente che inneschi una guerra globale.

Così lo scontro non è tra Oriente e Occidente, ma tra follia e ragionevolezza. L’articolo di Corbyn è caso isolato. Se qualcuno non affiancherà il leader laburista a riportare ragionevolezza laddove sta dilagando la follia, sarà catastrofe.