La strage di Kemerovo e il caso Skripal
Tempo di lettura: 2 minutiKemerovo, Siberia: i bambini stavano guardando un cartone animato quando le fiamme sono divampate. Una trappola infernale quella del centro commerciale Ciliegia d’inverno: le uscite di sicurezza erano bloccate e invano i soccorritori hanno provato a sfondarle con mazze ferrate.
Anche l’intero sistema antincendio era disattivato, allarmi compresi. Trappola perfetta. Pare dovuta a incuria criminale. Mosca ha inviato ben cento investigatori: vuole vederci chiaro.
Poca solidarietà per Kemerovo
Ma al di là delle domande su quanto accaduto, colpisce la poca pietas dimostrata dall’Occidente. Che ha avuto davvero pochi palpiti per le povere vittime di Kemerovo, impegnato com’è a martellare Mosca sul caso Skripal.
Proprio nel giorno dell’incendio, infatti, è avvenuta l’espulsione di 150 diplomatici russi.
Quando arsero le Grenfell Tower britanniche tutto il mondo, doverosamente, si fermò. E si strinse attorno a Londra e al suo dolore.
Le piccole vittime di Kemerovo non hanno suscitato analoga commozione. L’ossessione di mettere Putin nell’angolo, a quanto pare, è più forte di altre considerazioni.
Anzi, certo mondo occidentale sembra trattenere una malcelata soddisfazione nel vedere gli abitanti di Kemerovo contestare le autorità russe.
Una tacita soddisfazione che sembra aumentare nei report che riferiscono di contestazioni rivolte allo stesso Vladimir Putin.
Val la pena ricordare che nessun media occidentale si sognò di avanzare riserve sulla Regina d’Inghilterra al tempo del rogo delle Grenfell Tower.
A Putin è riservato un trattamento diverso, dato il suo ruolo di “Cattivo globale” (Henry Kissinger a suo tempo aveva provato a mettere in guardia riguardo tale narrativa, vedi Piccolenote).
Kemerovo e il Kursk
Il presidente russo è giunto a Kemerovo due giorni dopo la strage. Alcuni cronisti hanno fatto un paragone, alquanto appropriato, con quanto accadde al sottomarino Kursk, che nell’agosto del 2000, a seguito di due esplosioni avvenute a bordo durante un’esercitazione, affondò (118 le vittime).
Anche in quell’occasione il presidente russo, anche allora Putin, si mosse in ritardo. Da qui il parallelo di questi giorni.
Certo la situazione è diversa, e il ritardo di Putin in occasione della strage di Kemerovo sembra facilmente spiegabile con la crisi internazionale che attanaglia la Russia, stretta dal caso Skripal e altro.
Nondimeno resta un parallelo significativo: l’affondamento del Kursk salutò funestamente la prima elezione del nuovo zar (Putin era stato eletto, per la prima volta, da solo sei mesi). L’incendio di Kemerovo invece ha salutato, forse in maniera più funesta e certo con più tempestività, la recente elezione.
Come scrisse il New York Times, la tragedia del Kursk fece “vacillare psicologicamente quelli che credevano che la Russia si potesse ancora vantare della sua eccellenza tecnologica, della sua capacità militare, del suo stato di potenza mondiale”.
La strage di Kemerovo ha avuto invece l’effetto di gettare un’ombra sull’immagine di Putin, di offuscarla agli occhi dei cittadini russi che lo hanno scelto perché “uomo forte”, in grado cioè di tenere dritta la barra del timone nelle tempeste che sta attraversando il Paese.
Se c’è un parallelo tra le due stragi, dunque, risiede proprio nell’ombra debilitante che hanno conseguito: la prima su un Paese, la seconda su un leader.
Ma al di là dei paralleli, resta il dolore per le vittime innocenti. Persone, bambini, che avrebbero meritato maggiore attenzione da parte dell’Occidente.