Gaza: il duro j'accuse di B'tselem
Tempo di lettura: 3 minutiOggi un’altra giornata di protesta a Gaza. Hamas ha organizzato una nuova manifestazione ai confini di Israele. E, come accaduto venerdì scorso, pare che tanti siano stati feriti dall’esercito israeliano schierato a presidio. Su quanto accaduto venerdì scorso ha scritto Hagai El-Ad, direttore di B’tselem, il Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei territori occupati. Un articolo fin troppo duro, d’altronde B’tselem è usa a tali denunce. Una nota che ha innescato forti reazioni. Lo ha pubblicato il giornale israeliano Yedioth ahronoth. Lo pubblichiamo anche noi.
La leadership di Israele sta gradualmente ammettendo una questione basilare di vita e di morte: il controllo permanente di Israele su milioni di palestinesi è impossibile senza commettere crimini di guerra. Questo il senso profondo del dominio su un altro popolo: non è “semplicemente” una questione di depredarlo della sua terra, di imporre un regime fatto di padroni e subordinati, di negare i diritti politici, o di dispiegare un labirinto infinito di norme burocratiche oppressive. È anche un problema di uccisioni reiterate.
Quando il leader di Bayit Yehudi, Naftali Bennett, nell’estate del 2014, allorché centinaia di palestinesi furono uccisi nella Striscia di Gaza dalle bombe “chirurgiche” israeliane, ha dichiarato in un’intervista alla CNN che “Hamas sta commettendo un auto-genocidio di massa”, argomentando in tal modo le effettive implicazioni di politiche fondate sull’uso della forza militare da parte di Israele. Tentò di rendere accettabile il crimine incolpando la vittima, ma il suo riconoscimento delle dimensioni del massacro – e ancor più il suo profondo significato – rifletteva un’interiorizzazione della realtà.
Nel dicembre 2017, l’ex Primo Ministro e Ministro della Difesa Ehud Barak ha toccato lo stesso argomento, avvertendo che “un tentativo di attuare l’agenda di uno Stato porterà a una situazione in cui alcuni membri dell’esercito e dello Shin Bet [servizio segreto israeliano, ndr.] – che sotto la legge israeliana non sono autorizzati a disobbedire a un ordine illegale […] – potrebbero non eseguire gli ordini ricevuti “. Barak tuttavia ha omesso di menzionare il vero pericolo: che alcuni di coloro che ricevono tali ordini apertamente illegali sono obbligati a obbedire.
È quanto è successo ancora una volta venerdì scorso: gli ordini erano illegali […]. I soldati hanno obbedito, e i palestinesi sono stati uccisi sotto un fuoco intenso, durato diverse ore. Il numero delle vittime era noto alla leadership israeliana, ma nessuno ha fermato [l’operazione]. Non dopo un centinaio di palestinesi feriti, e non dopo molti, molti altri.
Come al solito, la propaganda ufficiale dichiara che Hamas è responsabile di tutto, come ha dichiarato che Hamas era responsabile dell’annientamento di dozzine di famiglie e della morte di centinaia di bambini e giovani durante i bombardamenti israeliani a Gaza nel 2014. Il portavoce dell’IDF ha superato se stesso, vantandosi in un tweet (successivamente cancellato): “Nulla è stato fatto senza controllo; tutto era preciso e misurato, tanto che sappiamo dove ha colpito ogni singolo proiettile”.
Apparentemente i nostri proiettili intelligenti – che hanno colpito centinaia di palestinesi – erano in grado di determinare, con precisione chirurgica, che ogni persona colpita rappresentava un pericolo mortale e che non c’era altra soluzione. Anche quelli ai quali è stato sparato da grande distanza. Anche quelli colpiti alle spalle. Anche quelli colpiti mentre si allontanavano dai soldati.
Israele non sta “tentando di realizzare l’agenda dello Stato unico [contrapposto ai due Stati, quello palestinese e quello israeliano, ndr.]”. Lo Stato unico non è un’agenda, è la realtà. Non viene realizzato solo da “membri dell’esercito e dello Shin Bet”, ma anche da giudici israeliani, funzionari pubblici, elettori e politici.
La provincia di Gaza, in questo unico Stato, è gestita dall’esterno come un’enorme prigione. I guardiani stabiliscono quanta elettricità, acqua e cibo raggiungeranno quasi due milioni di non-cittadini che vivono una non-vita. La repressione violenta viene usata per controllare la folla. I prigionieri non hanno il diritto di protestare. La loro disperazione è colpa loro. Le loro ferite e la loro morte sono esclusivamente loro responsabilità: le nostre mani non hanno versato questo sangue, dato che si sono precipitati in avanti sui nostri proiettili.
Venerdì è stato un giorno sanguinoso, ma Israele è già diventato da lungo tempo esperto nel cancellare giorni e settimane insanguinati. Non è prevista alcuna indagine, e anche se alla fine viene svolta, non c’è da aspettarsi che questa accerti una qualche responsabilità. Le “inchieste” sono solo una fase della routine dell’obliterazione organizzata. Ma anche così, quanto sono fortunati che [i palestinesi] siano da incolpare di tutto – si uccidono da soli […].
Il controllo su un altro popolo richiede giorni di uccisioni e massacri. Altri giorni insanguinati ci attendono.
Hagai El-Ad direttore esecutivo di B’Tselem (Centro di informazioni israeliano per i diritti umani nei direttori occupati).