2 Maggio 2018

Grandi manovre per far guerra all'Iran

Grandi manovre per far guerra all'Iran
Tempo di lettura: 3 minuti

Un attacco missilistico è stato portato domenica alle 22.30 contro siti militari siriani nei pressi di Hama e Aleppo.

Si tratta di una replica dell’attacco contro la base T4 dell’8 aprile, quando jet israeliani colpirono all’indomani dei raid alleati contro Damasco conseguenti ai fatti di Douma.

Non si tratta di raid sporadici, ma di ben altro. Da analizzare.

Colpire in Siria per colpire Teheran

Anzitutto l’obiettivo. Davvero c’erano iraniani nelle basi? Palestinafelix, sito che non nasconde le proprie simpatie per Teheran, rivela i nomi delle vittime: tutti siriani.

Anche l’Iran ha negato la morte di suoi militari. Il fatto che per l’attacco alla base T4 avesse invece confermato le perdite avvalora la smentita.

Resta però che Israele abbia fatto filtrare la notizia di aver colpito obiettivi iraniani.

Lo scopo è duplice: da una parte ribadire che non accetterà mai una presenza iraniana in Siria, dall’altra tentare di innescare una reazione iraniana.

Dopo l’attacco alla base T4, militari e politici di Teheran avevano infatti minacciato ritorsioni.

Dichiarazioni che avevano suscitato reazioni omologhe in Israele, mentre i media si interrogavano su  dove e quando sarebbe avvenuta la risposta.

Non c’è stata, perché il governo iraniano ha imposto la sua linea moderata, consapevole che una replica avrebbe fatto automaticamente saltare l’accordo sul nucleare iraniano, sul quale Trump deve decidere il 12 maggio.

Da qui un ulteriore tentativo in tal senso da parte di Tel Aviv.

Tali attacchi peraltro creano difficoltà al governo di Teheran, che deve far fronte alle spinte della destra che vuole invece lo scontro.

Una situazione che la riporterebbe al potere e sprofonderebbe l’Iran nel limbo pregresso.

Coinvolgere gli Usa nella guerra all’Iran

Interessante anche il fatto che analisti e media abbiano parlato di un coinvolgimento dell’aviazione Usa nell’attacco.

Circostanza smentita dal ministro della Difesa americano James Mattis. Lo stesso Mattis che proprio in questi giorni ha dichiarato la validità dell’accordo sul nucleare iraniano, dal momento che prevede meccanismi di verifica incisivi.

Interessante che anche il sito israeliano Debkafiles, avverso all’accordo, spieghi come l’attacco in Siria sia avvenuto durante il soggiorno in Israele del Segretario di Stato Mike Pompeo, il quale avrebbe dato luce verde alle operazioni contro l’Iran.

Può essere, ma anche no. Potrebbe infatti essere esattamente il contrario: ovvero un tentativo di forzare gli Usa a una guerra ancora evitabile.

Va tenuto presente che Pompeo, pur avendo dichiarato la sua avversione all’intesa con l’Iran, al momento di presentarsi al Congresso (che doveva approvare la sua nomina) si è detto contrario a un attacco preventivo contro Teheran, vera ossessione dei neocon.

E ha aggiunto che l’accordo è sì difettoso, ma “se non avremo possibilità di modificarlo, lavoreremo per ottenere un accordo migliore“.

Insomma, un profilo meno bellicista di quanto appaia.

Detto questo resta che Pompeo, come anche il presidente francese Macron, sostenga la necessità di una presenza americana in Siria, cosa che certo non rassicura né Damasco, né Teheran né la Russia, essendo tale presenza una fonte di destabilizzazione permanente dell’area.

Ma non è questo il nodo sul quale verte la battaglia attuale, tutta centrata appunto sulla decadenza o meno dell’accordo sul nucleare.

Netanyahu reputa che la sua cancellazione innescherà una guerra contro l’Iran, come dimostra l’approvazione di un decreto che avoca a lui e al ministro della Difesa la facoltà di dichiarare guerra senza una previa autorizzazione .

Ma per far la guerra Israele necessita del supporto americano.

Trump è restio a stracciare l’accordo. Più semplicemente, al di là delle usuali intemperanze verbali, vorrebbe rinegoziarlo.

Né vuol essere trascinato in una guerra contro l’Iran (non avrebbe annunciato il ritiro della truppe americane dalla Siria).

Da qui la pressione del governo israeliano. Come dimostra lo show di Netenyahu sulle bugie di Teheran (vedi Piccolenote) e il tentativo di coinvolgere gli Usa nelle operazioni condotte da Israele in territorio siriano.

Momento complesso e delicatissimo.

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