L'accordo sino-americano e le contraddizioni della Ue
Tempo di lettura: 3 minutiGli Usa innestano la retromarcia sulla guerra commerciale con la Cina. Pechino ha promesso di aumentare le importazioni americane. Trump può dire che le minacce hanno dato i frutti sperati.
L’accordo tra Cina e Usa e la questione nordcoreana
Non sappiamo quanto abbia influito sulla vicenda la questione nordcoreana, ma va rilevato che la rottura delle trattative da parte di Kim Jong-un è avvenuta durante i negoziati commerciali tra la delegazione cinese e americana.
Possibile che Pechino si sia impegnata a convincere Kim ad addivenire a un accordo con Trump, il quale l’insegue con sempre maggior inquietudine (New York Times).
Potrebbe essere, infatti, il suo più grande successo internazionale, ma anche il più grande flop.
Trump si trova a che fare con un negoziatore che, come lui, alterna aperture a chiusure repentine. Una sorta di legge del contrappasso per un presidente che ha fatto dell’imprevedibilità un’arma di negoziazione di massa.
Peraltro le trattative con Kim sono complicate dalla variabile neocon. Tale ambito aveva dato il suo placet al negoziato, dato che la chiusura delle criticità sul fronte orientale permetterebbe agli Usa di concentrarsi sul Medio oriente, la loro vera ossessione.
Questo almeno suggerisce la tempistica delle nomine di Trump, che vede la chiamata di Mike Pompeo alla Segreteria di Stato praticamente in contemporanea con quella del neocon John Bolton alla Sicurezza nazionale.
Quel Pompeo che ha subito fatto capire che la sua missione primaria era quella di chiudere la trattativa con Kim.
Resta, però, che i neocon non riescono a frenarsi: un po’ come la favola dello scorpione che uccide la rana che pure l’aveva aiutato ad attraversare il fiume. Tale l’immutabilità dell’istinto che non riesce – non riescono – a contenere.
L’essere consegnati all’esoterismo fondamentalista preclude ai neocon la via del compromesso. Così, anche il via libera a Trump sulla Corea è segnato dal peccato originale di tale impossibilità.
L’accordo Cina-Usa, la Merkel e la Ue
Ma al di là delle variabili che complicano il negoziato tra Pyongyang e Washington, l’accordo commerciale con Pechino potrebbe tenere anche a un eventuale collasso di tale prospettiva.
Ciò perché a Trump serve rivendicare un successo commerciale foriero di posti di lavoro, in particolare in vista delle prossime elezioni di midterm, nelle quali spera di fare il pieno per chiudere definitivamente la partita di un possibile impeachement nei suoi confronti.
Da vedere, poi, se l’accordo sino-americano comporterà un calo delle esportazioni europee in Cina in favore di quelle americane.
D’altronde se si è nani in politica, si è deboli a livello commerciale. E la Ue ha dimostrato di essere un nano politico, assente com’è da tutte le criticità globali.
Una situazione che potrebbe cambiare, almeno in parte, se riuscirà a tenere in piedi il trattato sul nucleare iraniano nonostante la revoca americana. Ci sta provando, ma è tutto da vedere.
E però, sotto questo profilo, è interessante analizzare le mosse della Merkel, che nella scorsa settimana è andata da Putin e in questa è attesa in Cina.
La Cancelliera sta tentando di tener su il North Stream 2, il gasdotto che porterà energia dalla Russia in Germania, che gli Stati Uniti vogliono affossare (per vendere il proprio gas di scisto alla Ue e staccarla da Mosca).
Non solo: la Merkel sta tentando di incrementare gli scambi commerciali tedeschi con la Cina, sviluppo necessario anche perché quelli con gli Usa sono in pericolo, dato che i dazi sulle merci europee minacciati da Trump ad oggi sono solo sospesi.
L’attivismo in solitaria della Cancelliera mette peraltro in evidenza l’inanità della Ue. La Merkel si muove come se essa non esistesse. Evidentemente è ritenuta inutile per tutelare gli interessi nazionali tedeschi.
Da questo punto di vista se il governo gialloverde italiano porrà davvero criticità in sede Ue, non farà altro che accentuare le contraddizioni di un’Unione che tanto unione non è.