Iran: quando Netanyahu ordinò l'attacco
Tempo di lettura: 2 minutiIntervista shock quella rilasciata dall’ex capo del Mossad Tamir Pardo a una televisione israeliana e riferita da Haaretz.
Nel 2011, ha rivelato l’ex dirigente dell’intelligence, il premier Benjamin Netanyahu ordinò a lui e al Capo di Stato maggiore dell’esercito, generale Benny Gantz, di prepararsi ad attaccare l’Iran entro 15 giorni.
La guerra di Tamir Pardo
Un ordine esecutivo, dunque, come da precisazione ulteriore di Pardo: “Se il primo ministro ti dice di iniziare il conto alla rovescia, capisci che non sta giocando”.
Interpellato sulle conseguenze dell’attacco, se cioè avrebbe scatenato una guerra contro l’Iran, il capo del Mossad ha risposto: “Assolutamente sì”.
Pardo racconta che iniziò a interrogarsi sulla legalità dell’ordine, se cioè il Primo ministro potesse decidere da solo di scatenare una guerra o se invece la decisione doveva essere condivisa.
Infatti, “la legge israeliana richiedeva che la decisione di andare in guerra fosse presa dal governo – o almeno dal gabinetto di sicurezza”.
Da qui la decisione di contattare ex dirigenti del Mossad, legali ed esponenti politici per cercare di capire chi sia “autorizzato a dare l’ordine di andare in guerra”.
L’inchiesta segreta di Pardo giunse alle orecchie di Netanyahu, il quale “alla fine, date le resistenze del Capo del Mossad e del Capo di Stato maggiore dell’esercito”, decise di desistere.
Pardo racconta che in quel frangente fu anche tentato di rassegnare le dimissioni, perché una volta ricevuto un ordine dalle alte sfere politiche “hai due opzioni: o lo esegui o ti dimetti”.
Il pericolo attuale
Quanto riferito da Pardo ha un precedente, scrive Haaretz: nel 2010 il Capo del Mossad Meir Dagan e il Capo di Stato Maggiore Gabi Ashkenazi si erano opposti all’ordine di attaccare l’Iran pervenuto loro “da Netanyahu e dal ministro della Difesa di allora, Ehud Barak”.
Dichiarazioni dirompenti quelle di Pardo. Il fatto che l’articolo che le riporta non sia firmato, ma siglato semplicemente “Haaretz”, indica che si tratta di materia più che sensibile.
Se un ex dirigente del Mossad fa tali dichiarazioni è alquanto ovvio che non sia solo per far luce su un’oscura pagina del passato, quanto per scongiurare un pericolo presente se non imminente.
Insomma, Netanyahu, che in passato ha provato già due volte a scatenare la guerra contro l’Iran, potrebbe riprovarci. D’altronde non c’è due senza tre.
Peraltro tale opzione oggi potrebbe risultare più agevole: agli inizi di maggio è stata introdotta una nuova normativa in materia.
La legge prevede che in caso di estrema necessità il Primo ministro è autorizzato a dichiarare guerra o a ordinare attacchi senza passare attraverso l’approvazione del governo, ma semplicemente dopo una consultazione con il ministro della Difesa.
Se letta alla luce di questa novità legislativa, e della sua ambiguità (perché sta al Primo ministro decidere quando ricorra tale “estrema necessità”), le dichiarazioni di Pardo risultano ancora più inquietanti.
Se poi si considera l’attuale tensione tra Teheran e Tel Aviv, e il nuovo asse che lega quest’ultima a Washington, retta dal turbolento e imprevedibile Trump, c’è da guardare al futuro con certa trepidazione.
Nella foto Pardo e Netanyahu