Sovranismo e globalismo
Tempo di lettura: 3 minutiSul Corriere della Sera di oggi Angelo Panebianco tematizza la “malattia” del sovranismo. Retorica usuale, che oppone il sovranismo alla più felice dottrina globalista, ovvero l’ideologia che discende dalla globalizzazione.
Il sovranismo in tale retorica è nemico della democrazia ed è sinonimo di fascismo. Da qui la sua pericolosità.
Un’analisi che però ha un punto di criticità irriducibile. E su un tema niente affatto secondario: la sovranità.
Vero, il fascismo è nemico della democrazia in quanto sequestra la sovranità popolare e la consegna a un leader e/o a una élite.
E se certe derive leaderistiche e certo imbarbarimento del linguaggio e della prassi politica destano preoccupazioni, è pur vero che tale deriva è insita nella democrazia da sempre.
Ma la congiuntura attuale ha visto sorgere un altro pericolo della democrazia: la globalizzazione. Nata come ristrutturazione in chiave economico-finanziaria del mondo, è diventata un’ideologia, anzi una religione, fondata su dogmi indiscutibili.
In un’epoca di fondamentalismi religiosi, dilagati all’interno delle religioni tradizionali (islamismo, cristianesimo, ebraismo) e altrove, anche la religione liberale si è fatta fondamentalista.
Anzi si può dire che proprio la trasformazione del liberalismo in religione fondamentalista ha generato i fondamentalismi religiosi, per opposizione e contagio.
In democrazia il potere discende dal popolo e della volontà popolare è espressione il Parlamento.
Il fondamentalismo globalista sta tentando, con certo successo, di porre fine a questo stato di cose. I Paesi sono chiamati a cedere parte della loro sovranità ad altra entità.
Si tratta di decurtare la sovranità nazionale di un quid indefinito che, proprio per tale indefinito, è potenzialmente tutto.
Non solo il diritto di stampare moneta, ma anche la definizione delle politiche economico-finanziarie, delle politiche riguardanti il lavoro. Insomma, potenzialmente tanto e indefinito di quel che un tempo era materia del Parlamento è ceduto ad altra entità.
Abbiamo scelto il termine entità non a caso, dal momento che indefiniti sono anche gli enti beneficiari di tale cessione. La Bce, la Ue, Bruxelles sono evocazioni senza rimandi concreti.
Tanto che non è prevista interlocuzione se non in via subordinata e ancillare con emanazioni altrettanto indefinite delle stesse entità: la Troika, la Commissione europea, il Fondo monetario internazionale…
Dietro tali indefiniti si celano in realtà specifici ambiti cultural-finanziari, le famose élite, senza volto e senza nome, e con poteri anch’essi indefiniti e quindi potenzialmente illimitati.
La globalizzazione demolisce la sovranità popolare per consegnarla a tali élite, i “benefattori”, definizione che ricorre spesso per Soros o i Rothschild; o i “filantropi”, come ha definito Bloomberg Anna Lombardi sulla Repubblica di oggi (questi ha deciso di donare 80 milioni ai democratici – contro Trump – in vista delle prossime elezioni di midterm americane).
Se è vero che il sovranismo populista è un rischio per la democrazia, la globalizzazione è invece certezza.
È l’asservimento delle masse ad élite sempre più ricche e potenti, come rivela l’arricchimento progressivo dei pochi e l’impoverimento dei tanti registrato in questi ultimi anni.
Tanto è vero che la prima contestazione al fondamentalismo gobalista venne da sinistra: i “no global” esistevano ben prima dei populisti.
Certo, tale sovranismo populista che si oppone al globalismo può essere a rischio e la vigilanza è obbligo.
Ma l’alternativa non è certo la libertà promessa dal mainstream, quanto il buio fascismo guidato da filantropi e benefattori che non rispondono a nessuno, per questo irresponsabili e sfrenati, ai quali il mainstream è prono e ancillare.