Siria: scatta l'operazione Daraa. Luce verde degli Usa?
Tempo di lettura: 2 minutiA quanto pare gli Stati Uniti hanno scaricato i loro ribelli di fiducia in Siria nella provincia di Daraa, nel Sud-Ovest del Paese, dove Damasco ha dato avvio a un’operazione per riportarla sotto il suo controllo.
Daraa: il via libera Usa e quello israeliano
A operazioni iniziate, un comandante di uno dei sedicenti gruppi ribelli ha rivelato all’agenzia France Press il contenuto di una lettera più che singolare, inviata dal comando degli Stati Uniti.
Nel chiarire la posizione delle forze armate americane, la missiva spiega che Washington comprende le necessità dei miliziani, chiamati a decidere se difendersi o meno, stante che i siriani stanno tentando di trovare accordi che evitino i combattimenti.
Ma tale decisione, si spiega nella missiva, deve esser presa solo in base “agli interessi” propri di ciascun gruppo armato. Cioè, esplicita, tali bande non devono basare la loro “decisione su un’ipotesi o sull’aspettativa di un intervento militare” delle forze Usa.
La missiva è rimbalzata sui media arabi come una bomba (vedi il libanese L’Orient Le Jour), dato che sembra dare luce verde alle operazioni dell’esercito siriano. E benché non abbia avuto conferma formale, al momento non è stata neanche smentita.
Anzi ne accredita la veridicità anche Debka File, sito israeliano molto ben informato.
Israele finora ha oscillato tra cautela e allarme, dato che l’operazione porterebbe i siriani ad avanzare praticamente a ridosso dello Stato israeliano.
Interpellandosi su quel che sta avvenendo, Debka si chiede se l’esercito di Tel Aviv si allineerà alle posizioni americane o entrerà in campo a dar man forte ai ribelli, con raid missilistici e aerei.
“Non vi è alcun segno che il governo israeliano o i suoi capi militari si stiano preparando per un’operazione del genere”, conclude Debka.
Le minacce a vuoto della Halley
Probabile che la risoluzione americana e israeliana sia avvenuta anche per la determinazione russa, che sta accompagnando con i suoi bombardieri le operazioni sul campo.
Tanto che l’ambasciatrice all’Onu Nikki Halley, come avevamo riportato sabato scorso, aveva avvertito i russi che se si fosse innescata un’escalation la responsabilità sarebbe ricaduta su di loro. Un avvertimento evidentemente caduto nel vuoto.
Il fatto che le parole della Halley siano risultate un vaniloquio dà alla circostanza un valore più significativo, stante che la signora è portavoce dei falchi neocon, i quali sembra abbiano perso un’altra battaglia dopo quella della pax coreana, che speravano fallisse (vedi Piccolonote).
Il comunicato ha gettato le fazioni ribelli nel panico, tanto che molte si sono arrese e sono passate armi e bagagli al nemico. Altre resistono, ma certo il compito dell’esercito siriano ne risulta facilitato. Potrebbe quindi darsi un conflitto limitato, senza eccessivo spargimento di sangue.
Difficile indicare la causa di un tale atteggiamento da parte degli Stati Uniti. Debka lo attribuisce alla volontà dell’amministrazione Usa di non andare in urto con Mosca per non complicare la strada di un vertice Trump-Putin, sul quale in effetti si sta lavorando.
Per quanto riguarda il fronte Sud, da capire se la destistenza Usa vale anche per l’area di Quneitra, più che strategica perché è la via di accesso al Golan, occupato da Israele. Per questo è materia da maneggiare con estrema cura.