La Merkel e la fine dell'Unione europea
Tempo di lettura: 3 minutiAngela Merkel apre nuove prospettive europee all’accoglienza dei migranti, anzi no. Cede, infatti, alle minacce di Horst Seehofer, leader della democrazia cristiana bavarese, che aveva rigettato le nuove aperture.
La Merkel, dal parricidio politico alla tragica gloria
La Germania torna alla linea dura, non solo verso i migranti, la cui accoglienza sarà ancor più vigilata del passato, ma anche verso l’Italia, che ancora una volta è abbandonata al suo destino di scialuppa di salvataggio permanente per i disperati di mezzo mondo.
A complicare le cose sono anche i socialdemocratici, che vedono nel nuovo accordo Cdu-Csu una variazione del patto di governo che avevano stretto al momento di dar vita alla Grosse Koalition.
La Cancelliera deve trovare nuove, difficili, mediazioni. Nel tracciare il profilo della Merkel, Sergio Romano, sul Corriere della Sera di ieri, ricorda il cinismo con il quale essa aveva silurato il suo mentore politico, Helmut Kohl.
In effetti, la sua carriera nasce proprio grazie all’omicidio (politico) del suo padre (politico). Un parricidio che gli spalancò le porte del potere. Non un buon viatico.
Un potere che ha gestito con “realismo” e pazienza, accenna Romano, che lasciava al “Ministro delle Finanze Wolfgang Schauble o al governatore della banca centrale tedesca il compito di rappresentare l’intransigenza germanica” nelle varie criticità.
Romano spiega che forse commise un errore quando aprì le porte ai rifugiati siriani, scelta che si prefiggeva due obiettivi; dare risposta alla de-natalità tedesca incamerando migranti laureati e produttivi e rinverdire i fasti della politica mediorientale dei tempi di Guglielmo II.
La mossa era stata motivata da ragioni umanitarie, ma tali non erano, stante che aveva un fondo affatto razzista aprendo le porte solo a migranti di serie A.
Non solo: tale umanitarismo era del tutto funzionale alla causa del regime-change siriano, dato che le potenze che hanno operato in tal senso, dagli Stati Uniti all’Arabia Saudita, hanno usato a tale scopo anche l’arma demografica: l’allontanamento forzato dalla Siria di sciiti e cristiani per sostituirli con sunniti, filo-sauditi o filo-turchi che fossero.
Detto questo, l’apertura delle frontiere diventò presto un “incubo” per la Cancelliera, come ricorda Romano, regalando alla destra di Alternativa per la Germania “un’arma con cui attaccare il governo”. Con esiti sorprendenti.
La Grosse Koalition e la Grande Germania
Romano conclude che il rapporto di collaborazione tra popolari e socialdemocratici tedeschi è da tempo “una garanzia per l’Europa e per il suo processo unitario” e si chiede se terrà.
In realtà non è così: se da ogni angolo dell’Unione europea stanno sorgendo forze anti-sistema che rischiano di mandarla in frantumi, non è certo un caso né un complotto internazionale.
Certo, le forze che hanno forgiato la Brexit e la vittoria di Trump lavorano in tal senso.
Ma se trovano terreno fertile è proprio per i tragici errori commessi da chi in questi anni ha retto l’Europa, ovvero proprio quel patto tra popolari e socialdemocratici di cui scrive Romano.
Macché socialdemocratici, macché popolari: tali forze hanno tradito i propri ideali immolandoli alla causa della Grande Germania, nulla importando il destino dei popoli del Vecchio Continente, considerati anch’essi ancillari alla causa.
La fine dell’Unione, se verrà, sarà purtroppo degno coronamento dell’ultima follia tedesca. Proprio quell’Unione nata anche per evitare che la Germania ripetesse errori del passato in danno del Vecchio Continente.
Tornano alla mente le parole di Giulio Andreotti, che al momento della riunificazione tedesca ebbe a dire di amare tanto la Germania da preferirne due.
Oggi suonano profetiche, dal momento che proprio quella riunificazione, non tanto in sé quanto per le modalità con cui fu conseguita, ha posto le basi di quella Grande Germania che rischia di seppellire uno dei più grandi progetti geopolitici della storia.