Siria: di jet, dei macellai di Sweida e di negoziati
Tempo di lettura: 3 minutiQualche risonanza ha avuto l’attentato a Quetta, Pakistan (22 i morti), e la rivendicazione dell’attentato di Toronto da parte dell’Isis. Poco rilievo per i 250 siriani macellati dall’Isis in una serie di attacchi a Sweida.
È l’attacco “più violento e cruento” avvenuto in quest’area dall’inizio del conflitto, riporta l’Osservatorio siriano dei diritti umani. Per Hezbollah gli attentatori provenivano dall’area siriana di al Tanf, controllata dagli Usa. Accuse usuali in questo magmatico conflitto.
Siria: di macellai (dell’Isis) e jet intercettati
Le vittime sono civili che non appartengono alla legione anti-Assad: la loro vita vale evidentemente zero per i media mainstream, i cui distinguo tra buoni e cattivi vede le forze anti-Assad dalla parte dei buoni.
Nulla importa se tra queste ci sono anche al Nusra (al Qaeda) e l’Isis, particolare che forse dovrebbe instillare qualche dubbio.
Gli attacchi a Sweida avvengono subito dopo l’abbattimento di un jet siriano da parte di Israele, colpito mentre dava la caccia all’Isis che controlla il confine tra i due Paesi.
Anche in questo caso la distinzione tra buoni e cattivi va a farsi friggere. Gli israeliani asseriscono che avrebbe sconfinato, Damasco afferma il contrario.
Resta che l’aereo e il pilota, buttatosi col paracadute, sono finiti in terra siriana. Purtroppo il pilota è caduto nelle mani dell’Isis, che lo ha ucciso (cliccare qui per il video del ritrovamento dell’aereo da parte dell’Isis, con tanto di grida “Allah Akbar” risuonato anche in occasione di attentati in Occidente).
Assad non vuole la guerra con Israele
Brutta storia. Anche se fosse vero lo sconfinamento, era evidente che l’aereo non aveva alcuna intenzione di nuocere a Israele.
Lo scrive chiaramente Amos Harel su Haaretz, che spiega come Assad non abbia alcuna intenzione di scatenare una guerra contro Tel Aviv.
E che eventuali minacce al confine israeliano (missili o altro) sono dovute “a errori da parte dell’esercito siriano e non intesi a provocare intenzionalmente”.
L’abbattimento è avvenuto mentre il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov lasciava Israele dopo una serie di colloqui che l’ambasciata russa di Tel Aviv ha definito “molto costruttivi” (Debka). E ha rischiato di far saltare tutto…
Di ardui negoziati
Il negoziato va avanti, anche perché il governo israeliano non ha scelta, dato che, come scrive Harel, la riconquista del Sud della Siria da parte di Damasco è ormai irreversibile.
Né i carnefici dell’Isis, né altre azioni israeliane riusciranno a impedirlo. Il che obbliga Tel Aviv a trattare.
Una trattativa dalla quale gli israeliani tentano di ottenere il massimo: il riconoscimento della sovranità sul Golan e il ridimensionamento dell’Iran.
Sul Golan, un istruttivo articolo di Akiva Eldar su al Monitor ricorda come al momento della conquista israeliana vi abitassero 500mila siriani. Poi cacciati.
Elad Peled, che comandava il battaglione che controllava l’altopiano, rammenta: “153 villaggi e 112 fattorie sono stati spazzati via dalla faccia della terra”.
Funzionari della Croce rossa dichiararono che gli espulsi “dovevano firmare un documento che affermava che se ne andavano volontariamente”.
Un’altra brutta storia, analoga ad altre di vincitori e vinti. Che incide sul presente, stante che la richiesta israeliana di ottenere la sovranità del Golan suscita reazioni.
E però pare che i russi abbiano messo anche questo nel pacchetto delle trattative, come richiesto da Israele.
Negoziati ardui, perché c’è da sciogliere il nodo Iran. Le offerte russe di allontanare gli iraniani dal confine israeliano sono parte di un problema più complesso.
La revoca del trattato sul nucleare pattuito con Teheran da parte di Trump non aiuta. Perché l’Iran si sente assediato e cerca di difendersi posizionandosi strategicamente in Siria e Iraq.
Da qui l’importanza di spiragli sulla possibilità di un nuovo accordo Usa-Teheran (vedi Piccolenote).
Nella foto: l’areo russo abbattuto nel febbraio scorso in Siria dalla Turchia