Pakistan: vince Khan, perde l'Arabia Saudita
Tempo di lettura: 3 minutiImran Khan è il nuovo Primo ministro del Pakistan. Il suo partito, il movimento per la Giustizia, si è imposto nelle elezioni della scorsa settimana.
Decisiva la sua fama sportiva, dato che Khan è stato stella di prima grandezza del cricket, sport nazionale. Per il Paese asiatico, e non solo, la sua vittoria può essere una svolta.
Khan e la sconfitta dell’Arabia Saudita
Khan si è imposto con un’agenda nazionalista. Particolare che indica come la narrazione che vede l’opposizione sovranisti-globalisti, molto in voga dalle nostre parti, andrebbe aggiornata su scala globale e rivisitata.
La globalizzazione selvaggia è incalzata in ogni dove. Il mondo tende a organizzarsi in altro modo, anzi a riorganizzarsi dopo il caos generato da tale modello, foriero di caos globale,
Ma al di là di considerazioni generali, la vittoria di Khan è interessante sotto altri profili.
Per Al Manar, media vicino a hezbollah, la sua vittoria è una sconfitta dell’Arabia saudita che ha appoggiato il rivale Nawaz Sharif.
I due Paesi sono legati da vincoli forti, stante che Ryad è punto di riferimento dell’islamismo sunnita, che in Pakistan è maggioranza.
Quanto accaduto in Pakistan indebolisce anche l’islamismo afghano, che ha con il Pakistan vincoli atavici.
Tanto che Khan vuole cercare un rapporto meno ambiguo con il governo afghano, che ha negli islamisti radicali dei nemici esistenziali.
Se si tiene presente che l’islamismo afghano-pakistano ha fornito masse di miliziani allo jihadismo internazionale di marca saudita, terroristi compresi, si comprende la portata di tale cambiamento per i destini del mondo.
Il distacco di Khan da Ryad dovrebbe portare, secondo al Manar, anche un nuovo rapporto con l’Iran. Questa almeno l’intenzione di Khan: una rivoluzione copernicana.
La vittoria di Pechino
Ma la novità più importante del nuovo assetto pakistano riguarda il rapporto con la Cina (China Daily).
Il Pakistan è snodo cruciale della Via della Seta, sulla quale Pechino punta per conquistare la leadership globale. Khan si ripromette di incrementare il partenariato con la Cina, superando ambiguità pregresse.
Inoltre, è cruciale un impegno preso da Khan: vorrebbe chiudere “in via definitiva” le controversie sul Kashmir con l’India, causa in passato anche di conflitto aperto.
Se riuscirà a risolvere tale contesa, Khan non ne guadagnerà solo un rapporto meno conflittuale con il potente vicino, ma darà anche una mano a Pechino, alla quale l’India rimprovera il sostegno alla causa pakistana in tale controversia.
Così la vittoria di Khan è anche una vittoria di Pechino. Anzitutto perché può favorire la distensione asiatica e quindi lo sviluppo della Via della Seta.
In secondo luogo può rendere meno critici i rapporti tra Pechino e New Delhi. Una distensione che per Pechino è necessità primaria, stante che da sempre i suoi antagonisti sostengono l’India in chiave anti-cinese.
Invece la cooperazione con l’India, che insieme alla Cina ospita metà della popolazione mondiale, consegnerebbe a Pechino notevoli vantaggi.
Insomma, la vittoria di Khan è importante, per questo troverà contrasto. Anzitutto a livello politico: il suo partito non ha la maggioranza assoluta e deve cercare alleanze.
Il necessario compromesso politico, i vincoli propri dei Paesi che aderiscono al Commonwealth, del quale il Pakistan è membro, il protagonismo dell’esercito, da sempre potere forte del Paese, restringerà i suoi spazi di manovra. Ma vedremo.
Ps. L’affermazione di Khan è stata “favorita” da Trump, che ha chiuso i rubinetti al Paese, non più ritenuto alleato indispensabile per gli interessi Usa in Asia.
“Negli ultimi quindici anni – ha affermato il presidente Usa – Gli Stati Uniti hanno dato stupidamente 33 miliardi di dollari di aiuti al Pakistan” senza avere nulla in cambio se non “bugie e falsità, hanno preso il nostri leader per idioti”.
Prese di posizione che hanno suscitato reazioni nel Paese e portato acqua al nazionalismo di Khan… Imprevedibile Trump.