Leicester: lo schianto di un miracolo
Tempo di lettura: 3 minutiVichai Srivaddhanaprabha è morto, nello schianto del suo elicottero abbattuto nei pressi dello stadio del Leicester. Nell’incidente sono morti anche i due piloti, il suo braccio destro e la sua assistente.
Lutto improvviso nel mondo del calcio. Infatti, pur avendo un nome impronunciabile, il magnate thailandese era ben noto, anche se con un altro appellativo ben più comune: era il patron del Leicester Football Club. E il suo nome lo aveva legato a un miracolo.
Il miracolo Leicester
Un miracolo di quelli che non appartengono al soprannaturale, ma alle meraviglie imprevedibili che pure accadono, a volte, in questo povero mondo: la vittoria del Leicester nella Premier league.
Vittoria del tutto improbabile, un miracolo, appunto, come fu definito da tutti i media, sportivi e non, ché il Leicester era una squadretta da poco, che l’anno prima aveva schivato di un soffio la retrocessione.
Il piccolo grande Leicester aveva trionfato su tutti. Cumulando punti su punti e macinando squadre su squadre, tra cui quelle ben più blasonate e ingolfate di campioni.
Un rullo compressore che aveva visto giocatori improbabili mutarsi d’improvviso in stelle di prima grandezza accese nel firmamento del football.
E ciò anche grazie all’intuizione del loro patron, che aveva affidato il club nelle mani operaie e sapienti di Claudio Ranieri, allenatore italiano, romano e romanista, reduce da altre e più prestigiose panchine.
Anche lui diventato, seppur per poco (il calcio è così), re d’Inghilterra e sovrano del football mondiale, in quell’incanto che era diventato realtà.
La storia del Leicester da allora appartiene a quella del calcio. E del calcio mondiale. Tra venti anni nessuno ricorderà più tante vittorie di oggi, ben più prestigiose. La storia del Leicester è invece destinata a durare.
A essere tramandata, ricordata negli anni e negli annali. Nella storia. Una storia che peraltro incrocia un’altra storia, altrettanto regale.
Gli incroci del destino
Era il 2012 quando le spoglie di Riccardo III, il monarca del quale aveva scritto anche Shakespeare, venivano rinvenute sotto un anonimo parcheggio di Leicester.
Ne era seguita una battaglia legale per il loro destino finale. La tradizione ne reclamava l’inumazione nell’Abbazia di Westminster, come tutti i re e le regine d’Inghilterra, ma Leicester avanzava il diritto di tenere per sé il re del parcheggio.
E così fu, come da decisione dell’Alta Corte di Londra. Era l’anno che precedeva la mitica annata calcistica 2015/16. E forse non per un caso fortuito, ma per un qualche misterioso destino.
Come destino volle che quell’imprevisto e impossibile scudetto precedesse un altro evento, stavolta non storico, ma politico, altrettanto imprevisto e impossibile, data la sproporzione delle forze in campo: la vittoria del “Leave” nel referendum sulla Brexit. Come da voto (ma non si può dire) della Regina.
Ma al di là delle digressioni storico-politiche, che portano altrove, torniamo al calcio e a quello scudetto tessuto d’incanto, ormai divenuto parte integrante di una città.
Infatti, quel miracolo continuava ad aleggiare su Leicester, nonostante che ormai appartenesse al passato. A riverberarsi dagli edifici, a riecheggiare nelle strade, sordo rumore di fondo acceso di gloria indelebile.
Ecco, ieri quel sogno è parso più frale. E forse si è infranto dello schianto avvenuto a ridosso del King Power Stadium. L’incanto è finito, il “potere del re” è decaduto. Appartiene a un passato che non può più tornare. Forse.
Ps. Accenniamo alla Brexit, nell’articolo. Un cenno aggiuntivo (doveroso seppure digressione della digressione) per dire che il suo percorso oggi appare più incerto. Il 5 novembre, le elezioni di Mdterm negli Usa: se Trump perde, quella sconfitta avrà ovvi riverberi sull’esito della Brexit.
La Brexit, si può dire, ha generato il fenomeno Trump. Un rovescio oltre atlantico sarà risacca. Tutto può, dunque, tornare come prima: la globalizzazione fondata sulla Finanza speculativa con annessi e connessi.
Come prima, più di prima, dal momento che, chiuse le sgradite parentesi, i signori della globalizzazione potranno rivendicare la veridicità del loro assunto, che fa di quel modello geopolitico l’irrevocabile destino del mondo e la fine della storia.