L'Asean, l'Apec e lo sgambetto di Melania
Tempo di lettura: 3 minutiL’Asia vede susseguirsi due vertici, ai quali parteciperanno più o meno tutti i leader dell’area. Quello dell’Asean, che si sta svolgendo a Singapore, e quello dell’Apec previsto a Papua Nuova Guinea.
E succedono cose, al contrario dei summit d’Occidente, che sempre più spesso si concludono con dichiarazioni che non hanno alcun impatto sul mondo.
Segno della vitalità di quel continente, mentre l’Occidente arranca, dilaniato da una fase di transizione con spinte e controspinte paralizzanti.
Trump e l’Asia, vista da lontano
Grande assente Trump, che ha delegato il vice-presidente Pence a rappresentare l’America ai due vertici.
Assenza che manifesta il disinteresse di Trump per un rapporto più intenso con gli storici alleati Usa dell’area asiatica.
E ciò nonostante essa sia considerata di rilevanza primaria da quando, dopo la seconda guerra mondiale e la guerra del Vietnam, è ritenuta parte del giardino di casa di Washington. Un’importanza accresciuta negli ultimi anni, dato il suo tumultuoso sviluppo economico.
Trump non conserva, come i presidenti del passato, un rapporto continuativo con gli alleati d’Oriente. La politica americana verso quell’angolo di mondo preferisce farla da Washington.
Come accade per la nuova politica di contenimento della Cina, che Trump fa a suon di dazi. Da Washington. Senza coinvolgere gli alleati regionali, il cui ruolo è ridimensionato.
Anche la distensione con la Corea del Nord è, paradossalmente, in linea con tale determinazione isolazionista.
Finora la criticità coreana, in particolare la portata globale del rischio atomico connesso, è stata utilizzata da Washington come giustificazione per un’ingerenza diretta nel Pacifico…
Così, se Trump ha lasciato a Pence il compito di ribadire l’assertività americana contro l’espansionismo cinese, cosa che il vice-presidente Usa ha ribadito con forza, il confronto con Pechino Trump tenterà di ridefinirlo a modo suo, nell’incontro con Xi Jinping a Buenos Aires.
Le scintille di Melania e quelle dell’Asean
Anche i neocon sono allarmati della prospettiva trumpiana. Tanto che John Bolton è andato con Pence, ritenendo più importante sostenerne l’assertività in Asia che restare negli Usa a seguire da presso la politica americana, come suggerirebbe la sua carica di Consigliere per la sicurezza nazionale.
Quel Bolton che ha dovuto subire proprio in questi giorni uno sgambetto da parte di Melania Trump; cosa inusuale per l’intoccabile.
Al ritorno da un tour africano, la First Lady ha chiesto la testa della vice di Bolton, Mira Ricardel, causa divergenze.
Bolton aveva scelto personalmente la donna, dopo che il ministro della Difesa Mattis, irriducibile avversario del consigliere per la sicurezza nazionale, l’aveva cacciata dalla difesa per gli ostacoli che ella frapponeva alle sue decisioni.
Una richiesta pubblica, quella di Melania, così che non potesse essere rifiutata. Sgambetto non da poco quello della First Lady, che certo non ha fatto piacere all’intoccabile.
Ma al di là degli interna corporis dell’amministrazione Usa, pure interessanti perché importanti per il mondo, va segnalato che al vertice Asean la Cina ha registrato nuovo consenso al suo ruolo continentale.
In particolare il presidente filippino Rodrigo Duterte sta cercando di far accettare ai Paesi che si contendono il Mar cinese meridionale il fatto che esso è proiezione naturale dello sviluppo cinese e la necessità di giungere a un codice comune che ponga fine alle dispute.
L’Asean ha anche visto l’evoluzione del rapporto tra Russia e Giappone, tanto che Putin e il primo ministro giapponese Shinzo Abe hanno concordato di chiudere le contese che si trascinano dalla Seconda guerra mondiale, sopite ma non spente dal trattato del 1956.
Ma va segnalato anche l’incontro tra Putin e il presidente Moon Jae-in, non tanto in sé, quanto perché nell’occasione Moon ha ribadito la determinazione di portare avanti il processo di pace coreano.
Scintille di cambiamento. Del mondo.
Ps. Abbiamo scelto la foto pubblicata per il saluto ivi immortalato. Un “ciao, ciao!” che pare indirizzato all’Occidente, sempre più distante, sempre più in affanno…