La crisi Ucraina e la mediazione tedesca
Tempo di lettura: 3 minutiL’incidente di Kerch (Piccolenote) ha fatto tornare la crisi ucraina al centro dell’interesse internazionale, dopo anni di stallo.
Sembrava potesse risolversi a breve, ma l’annullamento dell’incontro Putin-Trump, che ha eliminato un tavolo di mediazione, ha cambiato tutto.
La crisi ucraina si infiamma
La Ue studia sanzioni contro Mosca (reiterazione alquanto noiosa), mentre il presidente ucraino Petro Poroshenko invita la Nato a forzare il Mar d’Azov, il cui accesso è limitato ai battelli ucraini dai russi.
Invito incendiario: scatenerebbe una guerra globale. E se per fortuna non tutti sono disposti a morire per Poroshenko, l’invito riesce comunque nello scopo di innalzare lo scontro con Mosca, utile al presidente ucraino in chiave elettorale (le elezioni si terranno a marzo).
Sulla criticità nata dallo scontro di Kerch, segnaliamo un articolo di Nicolai N. Petro su The Nation.
Petro ricorda come il trattato di amicizia russo-ucraino del 1997, che sanciva la condivisione del Mar d’Azov e del Mar Nero, è stato dichiarato decaduto da Poroshenko nel settembre scorso.
La rescissione dell’intesa aveva suscitato polemiche, dato che introduceva incertezza nella navigazione in quei mari.
Così il presidente ucraino aveva introdotto nuove norme, alcune delle quali ancora riservate, particolare che produce ulteriore incertezza.
Le sorprese della legge marziale
Più interessante quanto scrive Petro sulla legge marziale proposta da Poroshenko dopo l’incidente di Kerch, che nelle sue intenzioni doveva durare 60 giorni ed essere applicata in tutto il Paese.
Tre ex presidenti ucraini (Kravchuk, Kuchma e Yushchenko) avevano avvertito, tramite missiva, che si trattava di un passo pericoloso per la democrazia.
E accese proteste erano sorte anche in Parlamento. In prima linea la leader dell’opposizione, Julia Timoshenko, e quello dei radicali, Nestor Shufrich, il quale aveva parlato di uno “scenario da Pinochet“.
Da qui il compromesso, ovvero la legge marziale durerà trenta giorni e sarà limitata a dieci province. Ma la sua applicazione riserva ugualmente sorprese.
Così The Nation: “Tutte le attività politiche in un terzo del paese saranno sospese per almeno un mese. Saranno imposte una serie di restrizioni ad attività pubbliche, private ed economiche, compresa la censura militare sui media locali”.
“Particolare conveniente per Poroshenko, l’area nella quale vige la legge marziale coincide quasi perfettamente con la base politica del blocco di opposizione”.
“Questa è anche la zona dove la Chiesa ortodossa ucraina (legata al Patriarcato di Mosca) è più forte, dove il commercio con la Russia è più esteso, dove il russo è la lingua predominante e dove il consenso politico per Poroshenko è prossimo allo zero”.
Interessante anche il cenno alla Chiesa ucraina, divenuta motivo di contesa con la Russia dato che il presidente ucraino ha sponsorizzato la creazione di una Chiesa Ortodossa autocefala, indipendente dal patriarcato di Mosca, che il leader dell’opposizione Vadim Novinsky ha definito “Chiesa di Poroshenko”.
La mediazione tedesca
La crisi ucraina è solo agli inizi. In attesa di sviluppi va registrato che il compromesso sulla legge marziale è stato raggiunto grazie ad Angela Merkel.
La Cancelliera, infatti, si è spesa per la crisi nel tentativo di spegnere l’incendio. Occorre “ragionevolezza e dialogo – ha affermato – perché non esiste nessuna soluzione militare”.
Invito interessante e interessato: Berlino teme che la criticità possa nuocere alla realizzazione del North Stream 2, che porterà l’energia russa in Germania saltando i Paesi dell’Est. Gasdotto da tempo obiettivo di interessate critiche da parte degli americani.
La Merkel ha detto che avrebbe parlato con Putin per cercare soluzioni. Apertura che incontrerà contrasto, dato che soffia forte il vento del maccartismo anti-russo.
I due presidenti si incontreranno, forse, a margine del G-20, dove però la Cancelliera arriverà in ritardo a causa di un’avaria del suo aereo. Sfortunata.