7 Febbraio 2019

Trump e il discorso alla nazione (e al mondo)

Trump e il discorso alla nazione (e al mondo)
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Una grande nazione non dovrebbe fare guerre infinite“: questo il passaggio più significativo del Discorso sullo stato dell’Unione tenuto da Trump due giorni fa.

Trump ancora una volta tenta di smarcarsi dalla stretta neocon, sempre più forte nella sua amministrazione, tanto che alcuni analisti parlano di un presidente normalizzato.

Eppure quel cenno contro la loro follia bellicista, come anche la barra dritta sul ritiro dall’Afghanistan e dalla Siria e l’annuncio di un prossimo incontro con il leader nordcoreano Kim Jong – un, indicano che la partita resta aperta.

Siria, Afghanistan e Corea del Nord

I venti contrari che Trump deve affrontare sono forti: l’intelligence Usa, in un recente report, ha sconsigliato il ritiro dalla Siria (farebbe rinascere l’Isis), quello dall’Afghanistan (farebbe riesplodere la guerra civile), nonché la prosecuzione delle iniziative di pace con Pyongyang (giudicata infida).

Trump sta tirando dritto. Il ritiro sull’Afghanistan, sul quale incontra meno contrasti, è ancora sul tavolo dei negoziati con i talebani.

E oggi la Reuters riferisce che i russi hanno offerto agli Stati Uniti il loro aiuto per favorire un’exit strategy  dal Paese asiatico.

Un”offerta giunta dopo un incontro tra talebani e inviati del governo afghano a Mosca, che denota la presenza russa nella partita.

Difficile che la richiesta venga accettata pubblicamente, ma può egualmente dar vita a trattative sottobanco.

Sul fronte Siria va segnalata la notizia che per la prossima settimana Trump attende l’annuncio ufficiale della riconquista di tutto il territorio siriano predato dall’Isis (Reuters).

Tale richiesta, che sarà evasa e forse attirerà un altro attentato Isis di sconfessione, conferma che anche sul ritiro delle truppe inviate in Siria il presidente non recede (anche se difficilmente sarà totale). E ciò, nonostante le furiose opposizioni.

Infine, l’annuncio di un incontro con Kim jong-un a fine febbraio in Vietnam sconfessa le criticità poste dai costruttori di guerre.

Trump e il discorso alla nazione (e al mondo)Trump e il trattato nucleare

Insomma, nonostante abbia lasciato ai neocon il Venezuela, Trump si riserva la mano libera sugli altri dossier globali, nei quali sta tentando di cambiare rotta.

Certo, è difficile invertire la rotta di una nave in corsa. Esercizio reso ancor più arduo dalla mancanza di puntelli esterni, dato che le ricercate intese con Cina e Russia sono state rese impossibili dai suoi oppositori.

Ma nuove occasioni in tal senso potrebbero aprirsi dopo la sospensione del trattato sulla non proliferazione di missili nucleari a medio raggio, che Trump ha stracciato per allinearsi formalmente al maccartismo che lo sta triturando (Russiagate), avviando una nuova corsa agli armamenti.

Nel discorso alla nazione il presidente ha affermato che potrebbe contrattare un nuovo accordo, che comprenda però anche la Cina, non prevista nel vecchio (da qui anche certa sua inadeguatezza).

La risposta di Mosca alla revoca del trattato è stata l’annuncio della prossima realizzazione di nuovi missili ipersonici.

Un deterrente a basso costo, che quindi risponde alla sfida Usa senza partecipare a una nuova corsa agli armamenti, che fu fatale all’Unione sovietica.

Eppure efficace, in grado cioè di vanificare la possibilità di un First Strike da parte Usa, ovvero il primo colpo nucleare risolutivo, sogno da tempo inseguito da tanti Stranamore d’oltreoceano (Express).

Sul punto, il 5 febbraio un articolo di Bloomberg, dal titolo alquanto inquietante: “Un primo colpo nucleare dovrebbe essere ancora un’opzione per l’America“.

E però, da Mosca, dopo la deterrenza, l’apertura: oggi il vice ministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha dichiarato che la Russia è aperta a nuove proposte Usa sul nucleare.

Il mondo non può permettersi nuovi giochini, chiusi da un trattato che ha impedito per decenni il ripetersi della crisi sui missili russi a Cuba.

Da qui la possibilità di un nuovo riavvicinamento tra Russia e Stati Uniti. Trump potrebbe giocarsi un nuovo accordo in vista delle presidenziali del 2020.

È una finestra di opportunità. Per il mondo.