1 Marzo 2019

Netanyahu ora rischia il processo. Svolta nelle elezioni?

Netanyahu ora rischia il processo. Svolta nelle elezioni?
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Benjamin Netanyahu può essere processato. Questo il verdetto del procuratore generale di Israele, Avichai Mandelblit, che cala come un macigno sulla campagna elettorale israeliana.

La sentenza e le elezioni

Non è l’inizio di un vero e proprio processo, ma l’apertura a una possibilità. In una udienza successiva, che si terrà dopo le elezioni del 9 aprile, Netanyahu potrà difendersi ed evitare l’aula di tribunale.

Ma fino ad allora sul suo capo incombe la spada di Damocle. Il premier israeliano temeva questo pronunciamento a tal punto di chiedere più volte a Mandelblit di posticiparlo a dopo il voto.

Richieste respinte. E ora teme, non a torto, che la prospettiva di andare a processo gli possa alienare consensi preziosi, mettendo a rischio la già incerta vittoria.

La notizia ovviamente è deflagrata come una bomba nella campagna elettorale.

Ieri Netanyahu si è difeso a spada tratta in un intervento televisivo, affermando che le accuse cadranno come “castelli di carta”.

I suoi alleati politici fanno quadrato, richiamando la presunzione di innocenza e affermando che per loro non cambia nulla: in caso di vittoria, lo indicheranno  ancora come premier (Timesofisrael).

In tal senso si sono espressi più o meno tutti i leader della destra, meno l’attuale ministro delle Finanze Moshe Kahlon, leader di Kulanu, rimasto per ora in silenzio.

Processo (in)evitabile? 

Anshel Pfeffer su Haaretz, giornale di riferimento dell’opposizione, scrive che questo sviluppo “cambia tutto”.

Anzitutto, ricorda che su Netanyahu stanno indagando da anni decine e decine di poliziotti. Un’inchiesta tanto accurata da prevedere anche l’uso del cosiddetto “avvocato del diavolo” in difesa dell’indagato.

Da qui l’epitaffio di Pfeiffer: “È estremamente improbabile che l’audizione farà cambiare idea al procuratore generale”.

Per Pfeiffer Netanyahu ne è cosciente. Da qui una difesa che non riguarda solo l’inchiesta (definita come una “caccia alle streghe”).

Ma anche e soprattutto una difesa politica. Attraverso parole e opere (ad es. la visita in Russia di ieri), Netanyahu, secondo Pfeiffer, “sta dicendo che non importa di che cosa sia accusato […] e che cosa abbia fatto: Israele ha bisogno di lui. La sua dipartita metterebbe a rischio la sicurezza stessa di Israele”.

Sarebbe la prima volta che un premier israeliano viene incriminato durante il suo mandato. Una condizione che secondo Pfeiffer peserebbe anche a livello internazionale, nei suoi rapporti con i leader del mondo, ma anche nell’ambito dell’ebraismo mondiale e delle sue organizzazioni, che con i leader israeliani devono conservare obbligati legami.

Netanyahu vola a Mosca

Considerazioni interessanti quelle di Haaretz. Netanyahu sta combattendo forse la sua battaglia finale, e cerca in tutti i modi di sparigliare, come denota la già accennata visita a Mosca di ieri.

Per Pfeiffer sarebbe servita a dimostrare ai suoi concittadini che egli è il solo in grado di dialogare con successo con i leader internazionali.

Ma è indicativo anche quanto scrive Debka. Putin e Netanyahu avrebbero “concordato di creare una commissione congiunta per esaminare la rimozione di tutte le forze straniere dalla Siria“.

Sarebbe una svolta rispetto l’assertività pregressa (condizionale d’obbligo). Netanyahu finora aveva affidato ai soli bombardamenti il compito di eliminare la presenza iraniana dal Paese confinante (negata da Teheran).

Sebbene abbia sempre ostentato i suoi buoni rapporti con Putin, il premier israeliano non era mai acceduto a una logica di compromesso sulla Siria, tema centrale quanto divisivo dei loro colloqui.

Il fatto che abbia imboccato la via diplomatica è di certo un passo distensivo, ma è anche indice di una nuova debolezza.

Al premier israeliano servono puntelli, successi da gettare nella campagna elettorale.

Ma superare la tempesta perfetta nella quale è incappato resta esercizio più che arduo, anche per un nocchiero abile e navigato come lui.

 

Nella foto in evidenza, il procuratore generale di Israele Avichai Mandelblit