Rivlin-Netanyahu: duello sui fondamenti dello Stato israeliano
Il presidente israeliano Reuven Rivlin ha criticato le politiche anti-arabe di Netanyahu e dei partiti della Destra e ha riaperto il dibattito sulla controversa legge dello “stato-nazione“, che ha affermato il carattere ebraico di Israele (Times of Israel).
Rivlin e la legge sullo Stato ebraico
Nel suo discorso, tenuto lo scorso 11 marzo, Rivlin si è detto stupito che “ci siano partiti politici che sono arrivati a ledere il carattere democratico di Israele”.
Una critica diretta alla legge costituzionale che ha introdotto lo “stato nazionale del popolo ebraico”, che riconosce come unici depositari del diritto all’autodeterminazione della nazione gli appartenenti “al popolo ebraico”.
Esclusa da questo diritto, quindi, la totalità della popolazione araba residente in Israele: 2 milioni di cittadini (contro i 6 milioni di ebrei).
Già al tempo la legge fu duramente criticata. Dopo la sua approvazione, la forte presa di posizione del deputato arabo Ahmad Tibi, che aveva annunciato “con dolore la morte della democrazia”.
Parole con le quali Tibi disse di aver voluto esprimere la profonda paura dilagata quel giorno tra gli arabi di Israele, i quali sentivano di aver perso i propri diritti e di essere stati relegati a “cittadini di serie b”.
Peraltro furono migliaia i cittadini arabi che scesero in piazza per protestare contro il “nuovo apartheid“, come da servizio del Guardian.
Tra i tanti ebrei a condannare la legge, Yohanan Plesner, presidente dell’Istituto israeliano per la democrazia, che la descrisse come “sciovinista e divisiva”; mentre il rabbino Rick Jacobs, presidente dell’Unione per l’ebraismo riformato, si limitò a osservare: “Questo è un giorno triste e inutile per la democrazia israeliana”.
La pace (im)possibile tra ebrei e arabi
Nonostante le numerose critiche, il dibattito si spense velocemente, complice l’ipotesi, avanzata dai più, che la legge avrebbe avuto un’interpretazione esclusivamente simbolica.
Ma la controversia si è riaccesa in questi giorni, dopo che Rotem Sela, famosa attrice israeliana, ha postato su Istagnam questa frase: “Anche gli arabi, Dio ci aiuti, sono esseri umani”.
Una dichiarazione banale, ma che nel clima infuocato delle elezioni israeliane è diventata tutt’altro, dato che era diretta a denunciare uno dei temi ricorrenti della campagna elettorale del Likud, ovvero che l’alleanza tra i loro antagonisti politici e i partiti arabi, vera o presunta che sia, pone una minaccia alla “sicurezza dello Stato”.
Il 10 marzo, in risposta al post della Sela, la presa di posizione di Netanyahu, il quale ha affermato che “secondo la legge dello Stato nazione che abbiamo approvato Israele non è di tutti i cittadini, ma solo del popolo ebraico”.
Così, il giorno successivo, Rivlin, come accennato, si è sentito in dovere di affermare che “non esistono cittadini di seconda classe” e che “siamo tutti uguali nella cabina del voto; ebrei ed arabi, tutti cittadini dello Stato di Israele”.
A rafforzare di significato l’intervento del presidente israeliano, la coincidenza temporale, certo non casuale, dell’anniversario della pace di Camp David.
Quella pace che è riecheggiata anche nelle pieghe del suo intervento, quando Rivlin ha invitato a “chiudere la guerra tra gli Israeliti e gli arabi”. Auspicio che però, come ovvio, non è bastato a silenziare i tamburi di guerra.
Non aiutano i recenti eventi che stanno scuotendo Israele: la futura, possibile incriminazione di Netanyahu sta rendendo il premier più nervoso e assertivo che mai.
E a rinfocolare la dialettica arabo-israeliana la crisi di Gaza, che la settimana scorsa ha rischiato di sfociare in guerra aperta, quando due missili sparati dalla Striscia hanno colpito Tel Aviv, cosa che non succedeva da decenni.
Crisi risolta dalla stessa Hamas, che ha arrestato i responsabili – pare che i missili fossero partiti per sbaglio -, anche se ciò non ha evitato la dura ritorsione israeliana sulla Striscia.
Ma, risolta una crisi, se ne è aperta un’altra: di ieri l’assassinio di due israeliani da parte di un palestinese in un attentato avvenuto in Cisgiordania.
La controversia sul rapporto tra arabi e israeliani resta cruciale per l’esito delle elezioni israeliane del prossimo 9 aprile. Il riaccendersi dello scontro con i palestinesi favorisce ovviamente quanti sostengono la linea dura.
Nell’immagine in evidenza il presidente d’Israele Rivlin durante il suo discorso alla Hebrew University l’11 marzo.