La Turchia compra gli S-400 e va allo scontro con Washington
Tempo di lettura: 3 minutiNuove criticità nei rapporti Stati Uniti – Turchia in occasione delle elezioni amministrative turche, che si sono svolte il 31 marzo.
Elezioni importanti, funestate da una crisi della valuta nazionale, con la lira turca a picco nei giorni precedenti il voto (vedi Businessinsider: “JP Morgan affossa la Turchia: ‘Vendete la lira’”).
Tanto importanti che l’Akp, il partito di governo, ha perso Ankara e Istanbul, almeno a stare ai media d’Occidente che hanno trionfalmente annunciato l’inciampo di Erdogan. In realtà occorreva usare la prudenza del caso e prendere in seria considerazione le proteste dell’Akp su presunte manipolazioni.
Elezioni e riconteggio del voto
Proteste che hanno avviato il riconteggio delle schede. Ad oggi Ankara è andata all’opposizione e Istanbul, dove ha vinto ancora l’opposizione ma per una manciata di voti, è ancora al vaglio della Commissione elettorale.
Dopo le elezioni, la controversia tra il portavoce del Dipartimento di Stato americano e l’Akp. Robert Palladino ha riaffermato l’importanza delle “libere elezioni” per la democrazia, aggiungendo che reputava la Turchia in grado di assicurare tale libertà.
Sottolineatura dell’ovvio che è suonata come un implicito invito al governo turco a non manipolare il processo elettorale. Da qui l’accusa di “ingerenza” da parte di Omer Celik, portavoce dell’Akp.
Polemica non da poco, che evidenzia l’incrinatura dei rapporti tra Washington e Ankara, dato che Washington evidentemente sperava in una battuta d’arresto di Erdogan.
Inciampo da verificare. Di certo, dopo l’implicito endorsement di Washington in favore dell’opposizione, il voto ha assunto un’importanza esistenziale per Erdogan, che oggi ha parlato di brogli, aumentando l’incertezza sul suo esito reale (Reuters).
Erdogan e l’equidistanza Usa-Russia
La dialettica tra gli Usa ed Erdogan, iniziata dopo il fallito colpo di Stato del luglio 2016, che secondo Ankara avrebbe goduto del tacito favore americano (ma Washington nega), si acuisce.
Attuale pietra di inciampo è il nuovo rapporto tra Erdogan e Putin, consolidatosi attraverso il processo di pace di Astana (sulla guerra siriana), che ha portato a vari accordi tra i due Stati, tra cui la vendita del sistema difensivo S-400 ai turchi.
Cessione alla quale Washington si è opposta con forza, affermando l’incompatibilità tra questo sistema d’arma e l’adesione della Turchia alla Nato.
A inizio aprile l’ultimatum del vicepresidente Mike Pence: “La Turchia deve scegliere se vuole rimanere un partner” della Nato o meno. Aggiungendo che la svolta metterebbe a rischio la vendita degli F-35 americani ai turchi.
“Non vediamo i nostri rapporti con la Russia come un’alternativa alle relazioni con gli altri”, gli ha risposto il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu. “E nessuno, né l’Occidente né la Russia, dovono o possono chiederci di scegliere tra di loro”.
La Turchia non arretra, dunque, e nell’incontro tra Putin ed Erdogan di oggi è probabile che si deciderà il trasferimento.
In quanto al blocco della fornitura degli F-35 Usa, l’Agenzia Anadolu rammenta che è stato prodotto in partnership con vari Paesi, tra cui la Turchia. Quindi la minaccia di Pence sarebbe solo una “divertente” boutade.
Turchia: Anadolu vs gli evangelici-neocon
A remare contro la cessione degli F-35 alla Turchia, secondo un ufficiale dell’esercito israeliano (Haaretz), sarebbe anche Tel Aviv, che ha ordinato decine di questi velivoli e “vuole rimanere l’unico Paese della regione con i jet F35 per mantenere il vantaggio qualitativo del suo esercito”.
Asserite pressioni da leggere tenendo presente la diatriba tra Turchia e Israele. Invece, per quanto riguarda il monito “dell’evengelico-neocon” Pence, segnaliamo un articolo di Anadolu dal titolo: “Qual è la minaccia più grave: gli S-400 o gli evangelici statunitensi?”.
La nota spiega che la “cricca” evangelico-neocon sta dispiegando una politica mediorientale volta a “saccheggiare i giacimenti energetici nel Mediterraneo orientale”.
Da qui la necessità di indebolire la Turchia rafforzando Grecia, Israele ed Egitto con gli F-35 in cambio di “una pesante ipoteca sui proventi energetici provenienti dalla regione”. Ricostruzione di parte, certo, ma da riferire, non si sa mai.