Senza Stato la mafia sarebbe già morta
Tempo di lettura: 2 minutiI pm di Palermo depositano una memoria che sintetizza il lavoro svolto in questi anni sulla trattativa Stato-mafia. Nel documento la genesi e i successivi passaggi di questo accordo occulto tra mafia e alcuni rappresentanti delle istituzioni italiane, condotto attraverso il dialogo tra Vito Ciancimino, l’ex sindaco di Palermo Dc (corrente fanfaniana) e funzionari dello Stato. Nell’ambito di questa trattativa si collocano le stragi di Capaci (dove perse la vita Giovanni Falcone) e via D’Amelio (dove fu assassinato Paolo Borsellino)
Per i pm tutto inizia con la sentenza della Cassazione del maxi processo (istituito proprio dai due magistrati di seguito assassinati, sulla base di un’inchiesta del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa), quando viene sfatato il mito dell’impunità della mafia. Ma ben più importante per l’avvio della strategia stragista di Cosa Nostra, è il crollo del Muro di Berlino. Scrivono i pm di Palermo: «La grande criminalità aveva approfittato della guerra fredda per intessere, all’interno del sistema politico istituzionale, una serie di rapporti che hanno fatto dell’Italia uno degli snodi degli interessi macroeconomici del crimine mondiale. Ebbene fu proprio il crollo del Muro di Berlino a determinare la fine della giustificazione storica della “collaborazione” con la grande criminalità». È questo forse il passaggio più interessante del documento, che fa sorgere tante domande (che ruolo ha svolto la mafia durante la guerra fredda? I suoi referenti erano solo in Italia o anche all’estero? E altre…), le quali, però, esulano dall’oggetto specifico dell’inchiesta.
La trattativa, secondo i magistrati di Palermo, sarebbe stata condotta durante i primi anni ’90 e sarebbe finita poco dopo la strage di via D’Amelio. E conclusa con un patto di non belligeranza tra Stato e mafia: da una parte la mafia terminava la mattanza, dall’altro lo Stato concedeva alcuni benefici a Cosa nostra (come un regime carcerario morbido per i boss condannati) e, insieme, iniziava una stagione distensiva verso la criminalità organizzata siciliana di cui ancora non si comprende bene la portata.
Documento articolato, quello dei magistrati siciliani, che ha un valore alto, forse storico. Resta da vedere quanto tutto questo diventerà verità giudiziaria. Nel frattempo l’anima del pool, Antonio Ingroia, vola in Guatemala con un incarico investigativo per conto dell’Onu.