Le elezioni europee nella transizione del mondo
Tempo di lettura: 3 minutiLe elezioni europee sono andate come previsto: le forze anti-sistema crescono ma non vincono. Non tanto per la tenuta dei partiti di sistema, sempre più erosi, quanto per l’immissione di variabili nuove (e forse effimere).
La più importante è la crescita delle forze ambientaliste (spinte da Greta Thumberg, la piccola e simpatica influencer creata in laboratorio), la cui mission è stabilizzare il sistema in sostituzione della cosiddetta sinistra.
L’irrevocabilità perduta
La cosiddetta sinistra, abbandonando la sua funzione di tutela dei deboli, si è consegnata nelle mani dei suoi assassini (trasposizione politica della pratica del suicidio assistito).
La sua effimera e fantasmatica sussistenza si dà solo perché temporaneamente funzionale al sistema stesso. Un sistema che si reputa irrevocabile, con irrevocabilità trasfusa nelle sinistre ancillari con conseguente rigors mortis delle stesse.
Le forze cosiddette europeiste reggono grazie ad artifici e narrazioni (l’anti-populsmo). In attesa di un nuovo presidente Usa che dopo le elezioni del 2020 gli riconsegni l’irrevocabilità sfidata dal sovranismo.
Hanno il vizio di non tener in nessun conto la realtà. È tempo di transizione globale e quei tempi non torneranno: o aprono al riformismo o verranno travolte.
La vittoria dei sovranisti si spiega con motivi noti, ovvero la volontà e la capacità di interloquire con le masse che la Ue sta impoverendo ed esasperando.
L’affermazione netta di Salvini lo fa playmaker di tale legione in seno alla Ue, anche se non è scontato che i lepenisti gli andranno a ruota (la grandeur francese).
Elezioni europee e governo italiano
L’esito delle europee cambia tutto in Italia, dove il crollo dei Cinque stelle è anche crollo del governo.
Salvini, come già Renzi dopo altre elezioni europee, ha numeri che gli consegnano il Paese, in forme da vedere. Lo aiuta la crescita di Fratelli d’Italia, come anche il ridimensionamento e la mancanza di prospettive di Forza Italia.
Steve Bannon ha fatto un buon lavoro. Per primo preconizzò il governo giallo-verde e ora vede spalancarsi le porte alla nuova variante, più funzionale alla disgregazione dell’Unione europea.
La Lega, non novità ma evoluzione
La Lega prende il posto di Forza Italia come fulcro della destra. Non una novità, ma un’evoluzione. Forza Italia aveva sostituito la Dc grazie a tangentopoli, incanalando i consensi del vecchio partito di centro-sinistra in un contenitore di centro-destra.
Una forza moderata, si diceva, anche se tanto moderata non era (esemplare il motto di Previti, tra i suoi primi numi tutelari, nel ’94: “Non faremo prigionieri”).
A moderarla, in realtà, era Silvio Berlusconi, contro il quale tanto mondo, nazionale e internazionale, ha mosso guerra (tranne nell’ultima fase, dato che lo ha immaginato funzionale).
Eroso quel contenitore, il voto di destra ha trovato altra collocazione. La Lega di Salvini: non più quella nordica e anti-fascista di Bossi, ma nazionale e di destra.
Come Renzi, Salvini è uomo d’immagine e del fare. Ha dalla sua, a differenza dell’altro, la leadership incontrastata del suo partito e una squadra che ha gestito la cosa pubblica.
Dovrebbe attutire l’eccessiva assertività: se paga in campagna elettorale, al governo può far dilatare la paura che già suscita. E, con la paura, la resistenza. Ma è tempo di estremi nel mondo, cosa che rende arduo tale esercizio.
La vittoria di Bannon e la Chiesa
Da capire come Bannon vorrà giocarsi la sua vittoria, oltre che in Europa, in ambito ecclesiale, dato che ha ben presente l’importanza della Chiesa nel mondo.
Quando pose il suo ufficio alla Certosa di Trisulti fu chiaro che aveva idee in proposito. Ma allora era conflittuale con i neocon e l’iniziativa era solo in funzione pro-Trump.
Ora che ha trovato convergenze con tale ambito, l’agenda teocon, già attiva durante i pontificati di Wojtyla e Ratzinger, è rilanciata con forza. Nuove perturbazioni in vista per la Chiesa, già in stato confusionale. Vedremo.
Ps. Alle elezioni europee stravince il partito anti-Ue britannico di Nigel Farage, in quello che appare come secondo e definitivo referendum pro-Brexit.