19 Giugno 2019

Dr John, City Lights

di Chiara Magonette
Dr John, City Lights
Tempo di lettura: 2 minuti

Dr. John, stella del blues di New Orleans, è morto il 6 giugno scorso nella sua città natale, stroncato da un infarto. Il suo vero nome era Malcolm John Rebennack Jr. ed era un artista poliedrico. Nella sua carriera ha sperimentato di tutto, fondendo pop, blues, boogie-woogie, rock and roll e portando avanti la tradizione del jazz della Louisiana, nato sotto la stella di Louis Armstrong.

Rebennack, infatti, ha vissuto nello stesso quartiere di Armstrong, che ha avuto un’influenza decisiva su di lui.

In un’intervista al Time del 2010 alla domanda: “Come descriveresti la tua musica?”, risponde che avrebbe detto la stessa cosa di Louis Armstrong e Duke Ellington, cioè che esistono soltanto due tipi di musica: “good and bad”, buona e cattiva. E che gli piaceva pensare che la sua fosse una buona musica.

Nella stessa intervista ci offre poi un’immagine del suo pensiero e dei suoi testi: “Writing songs about truths nobody wants to hear about”/”scrivere canzoni su verità che nessuno vorrebbe sentire”. Questo era il fine dell’artista, che ricordiamo con una canzone del 1979, “City Lights”, scritta insieme a Doc Pomus, altro cantante blues americano.

City Lights è un pezzo dell’omonimo album che trascina chi l’ascolta negli aspetti più tristi e desolati di una realtà cittadina vissuta soltanto di notte, dove gli eccessi e i vizi corrodono chiunque nell’arco di poche ore lasciando poi l’amaro in bocca.

Dr. John era conosciuto anche come “The Night Tripper”, il viaggiatore della notte. Un viandante notturno che, nel testo riportato sotto, descrive perfettamente il circolo vizioso di chi dalla notte dipende o di chi ha forme di dipendenza (l’artista per anni ha abusato d’eroina ed è riuscito a uscirne definitivamente solo alla fine degli anni ’80).

L’atmosfera jazz si fonde a parole scomode, provocatorie, che destabilizzano la dolcezza della melodia e mostrano all’ascoltatore una cruda verità sul senso delle luci notturne, che rapiscono per breve tempo e abbandonano al mattino.

Too many city lights

Too many midnights on the wrong side of life

Too many honky-tonk-never-happen-women

Gave me no time to find

A good wife for my own

All my yesterdays and tomorrows

Are all startin’ to look the same

All the places are filled with people

Without faces, without name

Too many city lights

Too many midnights make me die some every day

Too many never-was-never-will-be-partners

Never gave me time to find

A real friend along the way

Never time to find a good wife

Never time to find a real friend

 

 

Troppe luci della città,

Troppe mezzanotti sul lato sbagliato della vita

Troppe donne bianche alla “non succederà mai”

Non mi hanno dato il tempo di trovare

Una buona moglie per me stesso

Tutti i miei ieri e i miei domani

Stanno iniziando a sembrare (tutti) uguali

Tutti i posti sono pieni di persone

Senza faccia, senza nome

Troppe luci della città

Troppe mezzanotti mi fanno morire un po’ ogni giorno

Troppi amici alla “mai era e mai sarà”

Non mi hanno mai dato il tempo di trovare

Un vero amico lungo la strada

Mai il tempo di trovare una buona moglie

Mai il tempo di trovare un vero amico.

 

 

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