Abe a Teheran e l'attacco nello Stretto di Hormuz
Tempo di lettura: 3 minutiStanotte, mentre Shinzo Abe si trovava in Iran, dove ha incontrato l’ayatollah Khamenei in una difficile missione di pace, due petroliere sono state attaccate nel Golfo di Oman, a sud dello Stretto di Hormuz. Una sembra sia affondata.
Affonda con lei anche la missione di pace di cui è latore Abe. Questo almeno il significato simbolico che gli autori dell’attacco hanno inteso dare al crimine.
Il sabotaggio di Fujairah
L’attacco segue quello di un mese fa, quando quattro navi, due mercantili e due petroliere, furono colpite al largo degli Emirati Arabi Uniti, stavolta a Nord dello Stretto di Hormuz.
Allora le navi non affondarono. Si è scoperto, nel corso delle indagini successive, che l’attacco voleva danneggiare i navigli, ma non troppo.
Un attentato compiuto da un “attore statale”, hanno concluso gli investigatori, dato che è risultato “molto sofisticato”.
Degli uomini rana avevano agganciato delle mine alle navi, collocandole sopra la linea di galleggiamento per non farle affondare. A essere colpite erano state navi vuote, per evitare ulteriori danni.
Alto livello di intelligence, anche perché denotava che i terroristi, come sottolineato dall’inchiesta, avevano informazioni dettagliate sui navigli in questione.
Identificare e attaccare quattro navi vuote per di più su rotte diverse e, in aggiunta, servendosi di uomini rana – che devono essere portati sul posto – è esercizio davvero arduo…
Le accuse all’Iran
Il Consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti John Bolton aveva incolpato subito l’Iran, mentre l’intelligence israeliana si è vantata di aver fornito informazioni cruciali. Ma le indagini ufficiali non hanno individuato la nazione responsabile.
L’attacco di oggi, al contrario, appare meno sofisticato e più brutale. E forse improvvisato. Non si sono registrate vittime solo per il pronto intervento della marina iraniana, che ha salvato i due equipaggi, 44 uomini in tutto.
Probabile che qualcuno cercherà di incolpare ancora una volta Teheran, anche se dovrà spiegare perché poi essa abbia prestato soccorso agli sventurati.
Ma al di là delle narrative postume, ancora da leggere e ascoltare, il crimine, come scritto, ha lo scopo di chiudere la finestra di opportunità aperta dalla missione di Abe, il quale, pur incassando il diniego delle autorità iraniane a intraprendere un dialogo con Washington, – “Trump non merita risposte”, ha detto l’ayatollah Khamenei -, ha però ricevuto rassicurazioni importanti sullo sviluppo del nucleare iraniano, principale fonte di tensione internazionale.
Khamenei ha infatti ribadito che l’Iran non vuole l’arma atomica, né la userà mai (Reuters).
Intimidazione contro Abe
Di interesse notare che ambedue le navi attaccate oggi erano dirette verso l’Asia: una verso la Corea del Sud e l’altra verso Singapore. Il ministro dell’Economia giapponese, Hiroshige Seko, ha peraltro affermato che parte del carico era diretto a Tokio (Japan News).
L’attacco, dunque, ha inteso anche intimorire Abe e il suo Giappone, reo di essersi prestato a una missione pacificatrice.
Brutta vicenda. Non sembra possa ancora dar inizio a una guerra, ma certo non mancheranno le accuse all’Iran e la tensione appare destinata a crescere.
Come è certo che l’attentato mette a rischio il passaggio di Hormuz, dal quale transita gran parte del petrolio del mondo.
Sale così il prezzo del petrolio, col rischio che rimanga alto a lungo o si incrementi ancora di più. Da vedere se ciò innescherà anche una crisi energetica, eventualità che a sua volta accrescerebbe le possibilità di un conflitto.
I costruttori di guerra hanno sfidato il mondo. Sembra una mossa disperata dato l’azzardo e la smaccata artificiosità.
Se la narrativa dell’incidente del Tonchino, che diede inizio all’intervento militare Usa in Vietnam, aveva una qualche dignità hollywoodiana, quello di oggi è materiale per una sceneggiatura da B-movie.
Ma a quanto pare, c’è chi ha fretta di dar fuoco alle polveri, nulla importando l’incendio che divamperà in tutto il mondo. Vedremo, ad oggi si registra certa cautela sull’accaduto. Questa guerra non la vogliono in tanti.
Ps. Nella petroliera attaccata c’erano 11 russi. Ciò rende più improbabile la responsabilità iraniana, dato il legame tra i due Paesi.
Nella foto, Abe e il primo ministro iraniano Hassan Rouhani