L'attacco alle petroliere e le mine magnetiche dell'Isis e di al Qaeda
Tempo di lettura: 3 minutiQuella che raccontiamo è una storia vecchia, che risale a due anni fa, ma che val la pena rammentare per alcuni aspetti di stretta attualità. Una storia di mine magnetiche e petroliere, ambientata tra la Gran Bretagna e il Medio oriente.
Una storia raccontata dal Mail on Sunday nel 2017, che spiegava come rapporti di intelligence avevano dato l’allarme sull’acquisizione di mine magnetiche da parte dell’Isis e di al Qaeda (qui il rilancio dell’Express).
Le mine magnetiche del Terrore
Informazioni sicure indicavano che le Agenzie del Terrore avevano intenzione di piazzare tali ordigni sulle grandi petroliere che partivano dal Golfo Persico con destinazione Londra, per farle detonare all’arrivo.
Pericolo reale, tanto che l’intelligence di Sua Maestà aveva dato vita a un’operazione segreta per scandagliare gli scafi di tutte le petroliere che entravano nelle acque territoriali britanniche, servendosi di uomini rana e mini-sottomarini. Nel segreto più assoluto.
Se vi ricorda qualcosa è perché proprio in questi giorni le mine magnetiche sono al centro di una controversia ad alto rischio tra Washington e Teheran, dato che la prima accusa la seconda di aver piazzato tali ordigni su due petroliere nel Golfo dell’Oman.
Oman: un attacco, un racconto e tante domande
Un’accusa che l’Iran nega e che è smentita in maniera clamorosa dal silenzio dell’equipaggio della Kokuka Courageous che, salvato da una nave americana, avrebbe potuto confermare in maniera incontrovertibile il piazzamento delle mine sulla loro nave, come da bollettino ufficiale della Us Navy, ma non lo fa (Piccolenote).
Come resta la denuncia del proprietario della petroliera, che in base a quanto comunicato dall’equipaggio aveva parlato di un attacco con proiettili e non di mine (Washington Post).
Eppure, nonostante le tante incongruenze del resoconto ufficiale redatto dalla Us Navy, e rilanciato dai media mainstream come fosse vangelo (e dire che compito dei giornalisti sarebbe quello di porre e porsi domande), la narrazione delle responsabilità iraniane sull’attacco alle due petroliere è diventata indiscutibile.
Sceneggiature da B-Movie
Una narrazione da B-Movie, come da video che denunciava le responsabilità di Teheran (Piccolenote).
A tal proposito, va notato che spesso le sceneggiature dei B-Movie sono rimaneggiamenti di altre sceneggiature, che vengono adattate a diversi sviluppi narrativi.
Da qui l’interesse per questo vecchio articolo del Daily Mail, che raccontava di una criticità i cui elementi ritornano puntualmente nell’attacco delle petroliere nel Golfo dell’Oman.
Tale criticità era evidentemente nota non solo alla comunità dell’intelligence britannica, ma anche a quella americana, dati gli stretti rapporti tra le due.
Bastava rimaneggiare gli elementi, mettere l’Iran al posto dell’Isis e di al Qaeda, e il nuovo racconto era fatto.
Le reticenze dell’intelligence
Sono solo suggestioni le nostre, ovvio, ma ci sembra che abbiano lo stesso valore delle suggestioni rivendute dalla propaganda anti-iraniana in questi giorni, fondata su un video sgranato, su una foto che nulla mostra, e su bollettini oltremodo contraddittori. E soprattutto sul silenzio assordante, quanto eloquente, dell’equipaggio della Kokuka Courageous.
Detto questo, e per restare nel campo delle suggestioni, la comunità dell’intelligence anglosassone aveva forse il dovere, quando è accaduto il misfatto del Golfo dell’Oman, di informare il mondo che l’Isis e al Qaeda erano in possesso di mine magnetiche.
Certo, tale comunità ha anche dichiarato che si è trattato di un attacco tanto sofisticato da poter esser attuato solo da un attore statale (escludendo così le organizzazioni terroristiche).
Conclusione che però è smentita dalle loro stesse narrative pregresse, dato che tali centri di informazione hanno detto al mondo che il sofisticatissimo attacco alle Torri Gemelle era opera di al Qaeda (per fare solo un esempio, ché di attacchi terroristici più che sofisticati è piena la cronaca nera recente: Nizza, Parigi, Londra, Madrid…).
L’Isis e al Qaeda nel Golfo Persico
Non solo la possibilità tecnica, ma anche quella geografica, dato che l’Isis è ancora attivo in Siria, Iraq e Yemen, come resta forte la presenza di al Qaeda in Medio oriente, in particolare nello Yemen, dove opera in coordinato disposto con gli Stati Uniti (Cnn), suscitando accese proteste negli Usa.
E forse il motivo di tale reticenza sta anche in questa perversa alleanza che si è prodotta nella guerra dello Yemen, dove gli Usa sostengono la controversa coalizione a guida saudita nel conflitto contro i ribelli houti.
Riteniamo, invece, che il mondo avrebbe il diritto di avere informazioni a tutto campo, così da formarsi un’opinione.
Le narrazioni preconfezionate, che stanno caratterizzando la crisi iraniana – come d’altronde già avvenuto per le precedenti guerre neocon (Iraq) -, appartengono alla propaganda di guerra. E quando la guerra non c’è servono solo a prepararla.