Onu: l'Iran al centro dell'attenzione. Di ineffabili speranze
Tempo di lettura: 4 minutiOggi, alla riunione dell’Onu, si discute delle tensioni Iran-Usa. Sarà presente il ministro degli Esteri iraniano Javad Zarif che, dopo tante distanze, potrà dialogare con i leader dell’Occidente. Occasione importante per cercare vie di distensione.
A Zarif è stato acconsentito di partecipare al vertice. A dichiarare pubblicamente che gli Stati Uniti gli avevano rilasciato il visto per New York è stato il Segretario di Stato Mike Pompeo, che si è premurato di aggiungere che valeva solo per spostamenti ridotti e che nulla era cambiato nella determinazione americana contro Teheran.
Il visto di Zarif
Il rilascio del visto è particolare in sé minimo, ma significativo. Il Segretario del Tesoro Usa, Steven Mnuchin, il 24 giugno, aveva dichiarato che Zarif sarebbe stato aggiunto alla lista degli iraniani sanzionati dagli Stati Uniti entro una settimana.
La mossa folle avrebbe impedito a Zarif di partecipare al summit dell’Onu. Uno schiaffo non solo all’Iran, ma anche alle Nazioni Unite sia sul piano reale sia su quello simbolico.
L’Onu avrebbe infatti subito una selezione dei suoi partecipanti a causa del capriccio – per usare un eufemismo – di un singolo Stato e avrebbe visto ferita la sua funzione essenziale, cioè quella di dirimere le controversie internazionali evitando i conflitti.
Ma le dure parole di Pompeo sembrano dettate più dalla necessità di coprire un cedimento da parte americana che da altro.
Infatti, il momento più significativo della sua conferenza stampa è stato quando gli è stato chiesto se gli americani avrebbero incontrato il ministro degli Esteri di Teheran. Domanda alla quale ha significativamente glissato.
Insomma, anche negli Usa, nonostante lo sfoggio muscolare, sembra stia emergendo una linea negoziale, opposta a quella bellicista che ha dominato finora.
Ha aiutato, in tal senso, la legge approvata al Congresso proprio alla vigilia del summit dell’Onu, che nega al presidente fondi per una guerra contro l’Iran (legge ancora da limare, data la bocciatura subita al Senato, ma comunque significativa sul piano politico).
I pompieri della Ue e la petroliera iraniana
Anche la Ue sta facendo la sua parte: in una riunione dei ministri degli Esteri, convocata ad hoc, si è determinata la necessità di ridurre la tensione tra Washington e Teheran e di salvare l’accordo sul nucleare.
Anche la Gran Bretagna, che con il sequestro di una petroliera iraniana a Gibilterra aveva gettato benzina sul fuoco, ha assunto una posizione più conciliante. Il ministro degli Esteri Jeremy Hunt ha affermato che c’è ancora una finestra per salvare l’accordo sul nucleare, anche se si sta chiudendo.
Ancor più importante, perché passo reale e non parole, Londra sta smorzando le criticità legate al sequestro della petroliera.
Ha rilasciato l’equipaggio e Hunt ha dichiarato che se Teheran darà rassicurazioni che non è diretta in Siria, come già negato dagli interessati, la nave sarà dissequestrata.
La Gran Bretagna, ha aggiunto Hunt, pur associandosi alle sanzioni americane, non sequestrerà navi iraniane che trasportano greggio. Quanto avvenuto a Gibilterra era dunque motivato solo dalla destinazione del petrolio verso un Paese, la Siria, oggetto di sanzioni più dure (vedi nota). Cambia tutto, dato che sequestrare navi, di fatto, è un atto di guerra.
Se si pensa la gioia con la quale il falco Bolton aveva salutato la mossa britannica – “ottima notizia” -, si può immaginare il suo disappunto per l’attuale sviluppo.
Le aperture dell’Iran e di Nasrallah
Anche l’Iran lascia aperte le porte al negoziato: pur ribadendo che non si piegherà al “bullismo” americano, Teheran si è detta pronta a tornare all’accordo se saranno tolte le sanzioni.
Richiesta che non avrà esito, data l’ostinazione di Washington sulle sanzioni, ma l’apertura resta e può dar adito a compromessi.
Non solo l’Iran. In questi giorni è giunto un messaggio importante da parte di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah. Pur ribadendo che in caso di guerra Israele sarà devastata – parole che si sono attirate la durissima quanto ovvia risposta di Netanyahu – ha dichiarato che la guerra contro l’Iran non si farà.
Ma soprattutto che la presenza di Hezbollah in Siria sarà ridotta, cosa che viene in parte incontro a richieste specifiche da parte di Tel Aviv, aggiungendo che gli americani lo avrebbero cercato per un incontro.
Particolare, quest’ultimo, che rende l’idea dei tanti e incrociati tentativi di ridurre la tensione nell’area. Hezbollah non è solo un attore politico ormai decisivo della regione, ma anche un canale per intraprendere negoziati segreti con Teheran.
Qualcosa si muove, vedremo quel che accadrà all’Onu, dove più che le parole pubbliche conteranno gli incontri riservati.
Ps. Triste destino quello della Siria, che vede i suoi pozzi di petrolio rubati dagli americani (Piccolenote) e quindi è costretta a comprarlo altrove. E le viene anche rubato quello spedito. Di tale ristrettezze soffre un intero popolo. Che dopo la lunga guerra, resta in mano agli strozzini d’Occidente.
PPs. Trump ha proposto il generale Mark Milley come Capo di Stato maggiore in sostituzione del generale Joseph Dunford. Secondo al Monitor, tale scelta escluderebbe un intervento in Iran, dato che Milley in passato si è detto contrario a tale ipotesi, che distrarrebbe gli Usa dalla competizione con Russia e Cina.
Nella foto in evidenza, Javad Zarif