Cina e Usa: il successo delle rispettive riforme o il conflitto
Tempo di lettura: 2 minutiGli Stati Uniti necessitano urgenti riforme, secondo Timothy Garton Ash, ma anche la Cina. Ne scrive in un articolo pubblicato sulla Repubblica dell’8 novembre. Questa la sua analisi di quanto accade all’interno del gigante euroasiatico: «La Cina avrebbe qualche problema di sviluppo anche se vantasse il miglior sistema politico del mondo, avendo vissuto la rivoluzione industriale più veloce e più massiva della storia umana (…) Può essere che la Cina si approssimi al cosiddetto “punto di svolta di Lewis”, ossia al progressivo esaurimento della manodopera a basso costo proveniente dalle campagne. Deve inoltre badare alla domanda interna perché non può puntare in eterno sul consumo Usa come ultima ratio».
Poi, dopo aver accennato ai problemi del sistema di governo cinese (definito «capitalismo Leninista»), caratterizzato da un chiuso centralismo, Ash continua: «Ma allo stesso tempo l’immenso Stato cinese vive una fase sempre più intensa di decentralizzazione più o meno incontrollata e una sorta di capitalismo ibrido privo di regole (…). Ne deriva uno sviluppo economico dinamico, ma deformato, che vede ad esempio le amministrazioni locali debitrici di enormi somme inesigibili nei confronti di istituzioni finanziarie controllate dallo Stato-partito. Definire “subottimale” la ripartizione del capitale in Cina sarebbe un eufemismo».
Conclude Ash: «In Cina, come in qualunque altra parte del mondo, la crisi può sfociare in riforme o in rivoluzione. Pregate che porti riforme. La riforma, se ci sarà, non avrà mai come risultato una democrazia liberale di stampo occidentale, quantomeno in tempi brevi. Ma persino alcuni analisti del partito comunista ammettono che, nell’interesse nazionale cinese del lungo periodo, i cambiamenti dovranno andare in direzione dello stato di diritto, dell’assunzione di responsabilità, di una maggiore tutela sociale e di uno sviluppo economico sostenibile. Noi, del resto del mondo, abbiamo un interesse vitale a che le riforme in America e Cina abbiano successo. La bellicosità nel Pacifico asiatico tra alleati della Cina e dell’America preoccupa moltissimo già in uno stadio così relativamente precoce della rivalità emergente tra superpotenze. Da un recente sondaggio Pew risulta che l’opinione pubblica cinese e quella americana nutrono crescente reciproca disistima. Quando i Paesi sono insoddisfatti e incapaci di risolvere i propri problemi strutturali a livello interno, tendono a sfogare all’estero la loro rabbia. Dobbiamo auspicare quindi il successo di entrambe le superpotenze».