Hezbollah - Israele: torna la calma
Tempo di lettura: 3 minutiBotta e risposta tra Israele ed Hezbollah, che dovrebbe chiudere una criticità ad alto rischio escalation. Hassan Nasrallah aveva dichiarato che il suo gruppo non avrebbe lasciato senza risposta gli attacchi israeliani contro hezbollah a Beirut e in Siria, che avevano ucciso alcuni dei suoi.
In particolare l’attacco a Beirut aveva infranto le “regole del gioco”, come scriveva Haaretz, da tempo rispettate tacitamente dai due contendenti. A nulla erano valsi i tentativi di mediazione Usa per convincere Hezbollah a soprassedere.
La risposta misurata di Hezbollah
Tensioni altissima, dunque, che ha visto Israele ritirare truppe e civili dal confine libanese per non offrire facili bersagli alla rappresaglia. Mossa accompagnata dalla distribuzione in loco di manichini, falsi bersagli per confondere il nemico.
Nella tensione, anche il nuovo tentativo di intrusione di tre droni israeliani in territorio libanese, respinti dai militari del Paese dei Cedri, particolare che indicava come anche l’esercito regolare, stavolta, era partecipe della contesa tra i due contendenti.
Variabile nuova del gioco di cui sopra – che in passato ha visto i militari di Beirut spettatori interessati degli scontri – che Israele aveva previsto da tempo, ma che nondimeno disturbava i suoi piani.
Dopo tanta tensione, le rassicurazioni del caso, pervenute per bocca di un alto dirigente del Partito di Dio, che aveva ribadito la necessità di una risposta, aggiungendo però che ciò non avrebbe scatenato una guerra.
Cenno che indicava una risposta misurata, che Netanyahu, il quale aveva voluto i raid – a scopo elettorale, secondo il Washington Post -, potesse incassare uscendone indenne.
Da qui l’attacco di ieri: alcuni missili di Hezbollah hanno colpito due obiettivi, uccidendo e ferendo militari di Tel Aviv. A documentare l’accaduto, un video che vede il trasporto di feriti.
Dopo ore di incertezza, l’esercito israeliano ha però negato l’efficacia del raid: il video immortalerebbe in realtà un’esercitazione. Così, se da una parte si rivendica la missione compiuta, dall’altra si canta vittoria per il colpo andato a vuoto.
Forse la verità non si saprà mai, né su quanto realmente accaduto nel raid né su eventuali trattative sottotraccia tra le parti per evitare l’escalation. Ma l’opposta verità ufficiale, quella divergente rivendicata dalle due parti, sta bene a tutti.
Yedioth Ahronot elogia la ragionevolezza Hezbollah
Lo scrive bene Yedioth Ahronot, che elogia la capacità dei militari e dell’intelligence israeliani per aver mandato a vuoto il nemico. E fin qui è lettura ovvia per un giornale israeliano.
Meno ovvio quanto si legge di seguito: “Anche Nasrallah deve essere elogiato per come si è comportato dal momento dell’incidente che ha visto droni [israeliani] schiantarsi a Beirut, fino a quanto accaduto sul confine domenica” (va notato che si evita di parlare di attacco: quanto avvenuto a Beirut sarebbe appunto un incidente).
Hezbollah, continua il giornale israeliano, “si è districato in una complessa rete di vincoli che gli chiedono, da un lato, di agire, dall’altro di astenersi dal provocare ulteriori escalation”.
“Nasrallah ha organizzato un’operazione che soddisfaceva i criteri da lui stabiliti per se stesso e per il suo popolo. Per parte sua, ci è riuscito, anche se non vi sono state vittime israeliane”.
Peraltro, il fatto che non vi siano state vittime, aggiunge, “non deve esser stata una grande delusione per il leader di hezbollah”.
Infatti, se la risposta della milizia sciita avesse causato morti, avrebbe innescato la reazione israeliana, con danni pesanti per il Libano.
Così, invece, il “leader sciita, nascosto nel suo bunker di Beirut, è soddisfatto, come soddisfatto è anche il Primo ministro Benjamin Netanyahu”.
Stessa la conclusone di Haaretz, che, dopo aver raccontato gli eventi, annota che la “deterrenza reciproca continua ad avere efficacia”, aggiungendo che Nasrallah sembra “abbia il controllo della situazione e abbia frenato l’ala militare di Hezbollah che avrebbe potuto partorire idee più radicali”.
Sul rovente confine israelo-libanese è tornata la calma, afferma l’Onu. Tutto a posto, per ora.
Detto questo, quanto avvenuto sembra aver tolto la variabile di una guerra tra Israele e Hezbollah dal complesso gioco delle elezioni israeliane, previste tra quindici giorni.
Se pure Netanyahu può esser stato tentato da questa opzione, come ipotizzato da diversi giornali israeliani, deve aver compreso che è troppo rischiosa. Se giocata male, la carta guerra totale avrebbe devastato la sua immagine e la sua carriera.
Una considerazione che deve esser stata fatta anche da Hezbollah, convincendo i suoi dirigenti che la prova di forza israeliana si era conclusa con quel raid e occorresse solo mettere un punto alla crisi.
Pericolo scampato, dunque, resta l’attesa per le elezioni, sul cui esito Netanyahu appare più tranquillo, dopo i timori del passato.
Significativo, da questo punto di vista, l’endorsement della coalizione di partiti di ultradestra Yamina, che, dopo aver dichiarato che non avrebbe sostenuto una legge per garantire al premier l’immunità dalle inchieste in cui è coinvolto, ha di fatto cambiato idea. Segno che l’aria sta cambiando. Ma l’incertezza resta, dati i segnali contrastanti. Vedremo.