L'Unione europea ha perso la sua ultima occasione?
Tempo di lettura: 3 minutiAncora una fumata nera alla Ue, dove si sta dibattendo il modo col quale modulare il sostegno ai Paesi caduti in disgrazia economica a causa del coronavirus. La querelle è ampiamente chiara a tutti: da una parte si invoca la solidarietà della comunità europea, dall’altra si tiene duro a negarla in nome di una giustizia superiore che si può sintetizzare nel detto: “Chi è causa del suo mal pianga se stesso” (anche questo, ovviamente, è motivo di controversia).
A tener duro i falchi teutonici e i pirati olandesi, che della finanza teutonica sono partecipi. Un qualche strumento di sostegno verrà pur trovato, impossibile non addivenire a un compromesso, ma resta da definire il nodo della modalità con cui garantire il finanziamento; se cioè debba essere un nodo scorsoio o meno.
Al di là della miserabile contesa, che è anche all’interno degli Stati, dato che anche in Germania e in Olanda alcuni esponenti della politica, della finanza e della cultura hanno perorato le giuste ragioni di chi chiede all’Unione europea la solidarietà di cui si fa vanto, colpisce un particolare.
Il “Commissario” dell’Unione europea
In questa temperie, il Commissario europeo, tal Ursula van der Leyen, ha più volte preso la parola per perorare la causa del falchi teutonici, affermando che non era pensabile usare strumenti come gli eurobond e altre ipotesi invise ai suoi ambiti di riferimento.
La signora si muove come garante di interessi ben precisi, dimenticando un particolare: la carica che ricopre non è politica in senso stretto, ma la incarica di essere garante degli interessi di tutti i Paesi membri.
La signora, prendendo le parti di un ambito ben definito, ha così tradito il mandato che le è stato affidato e ha conferito alla sua carica una funzione e un potere indebito. Ciò avviene, peraltro, in un momento particolarmente difficile, aggravando così le sue già gravi responsabilità.
Forse qualcuno dovrebbe spiegarle che non è il “Commissario” dell’Europa in nome e per conto di alcuni. È un po’ come se il presidente della Repubblica italiano si dichiarasse esplicitamente in favore di un partito piuttosto che di un altro.
Le responsabilità della Van der Leyen
Ci sarebbe da chiederne le dimissioni immediate, ma ovviamente non rientra nel novero delle cose possibili, anche se certo se fossero richieste da un certo numero di Paesi – ad esempio quelli impegnati a ricevere quella che si configura come una elemosina, e non un diritto inderogabile dei Paesi membri della Ue -, la richiesta avrebbe un valore politico significativo.
Vedremo come la vicenda va a svilupparsi, ma il miserando spettacolo di questi giorni mostra tutti i limiti di un’entità sovranazionale che ha perso l’ultima opportunità di riformarsi in senso comunitario, cioè di tornare allo spirito dei padri fondatori. Nefasto presagio per il futuro dell’Unione.
Certo, il compromesso verrà raggiunto, dato che la Volkswagen, solo per fare un esempio, non può permettersi di perdere la clientela italiana. Ma sarà, appunto, un punto di incontro al ribasso, non una concordanza di alto profilo, come dovrebbe essere nello spirito della cosiddetta, e ormai persa, “comunità europea”.
La Visegrad del Sud
Per concludere, accenniamo a un’ipotesi ancora inesplorata: i Paesi che oggi si trovano a perorare le proprie ragioni di buonsenso – in primis Italia, Spagna, Portogallo e Grecia – potrebbero dar vita a un’entità sovranazionale al modo dei Paesi dell’Europa dell’Est, che hanno creato il gruppo di Visegrad.
Non solo un’arma di pressione su Bruxelles, data anche la possibilità di esercitare il diritto di veto, ma anche un modo per stabilire, almeno tra i vessati, quello spirito comunitario che latita nel cuore dell’Europa.
Nella foto, Ursula Van der Leyen e Jean-Claude Juncker