Il virus cinese, l'arma di distrazione di massa
Tempo di lettura: 4 minutiLa guerra al coronavirus diventa guerra vera, ma contro la Cina. Una guerra che ha l’esito non di salvare vite, piuttosto perderle.
In compenso, impedirà alla Cina di sfruttare il vantaggio di aver sconfitto per prima il virus, situazione che le conferisce un vantaggio sugli Stati Uniti.
Una guerra geopolitica, del tutto virtuale, ma con obiettivi reali, si è sovrapposta alla guerra reale, quella per sconfiggere una pandemia e le sue conseguenze economiche di prospettiva catastrofica.
Il “virus cinese”
La pandemia avrebbe dovuto spingere il mondo a unirsi contro il virus, nonostante gli antagonismi, un po’ quel che successe nella Seconda guerra mondiale, quando i paesi liberi si allearono addirittura con Stalin per sconfiggere il nazismo.
Non è andata così. Mentre dalla Cina si rinnovano appelli alla cooperazione, nel cosiddetto mondo libero imperversa la narrativa del “virus cinese”.
Il virus sarebbe nato nel laboratorio di Wuhan, da qui l’accusa di aver armato un’arma batteriologica sfuggita al controllo. Non solo, la Cina avrebbe insabbiato le dimensioni di quanto stava accadendo, impedendo al mondo di adottare contromisure.
In realtà, la Cina ha lanciato l’allarme tempestivo: l’accusa in tal senso si riduce a una settimana di tergiversazione del governo cinese, che c’è stata, ma va compreso che nessuno si aspettava la portata di quanto stava avvenendo.
La Cina non poteva immaginare che si trattasse di qualcosa di epocale, probabile abbia immaginato qualcosa di simile alla Sars, che, esplosa in Cina, lì finì (a parte eccezioni che confermano la regola).
Detto questo, a distanza di mesi dall’allarme di Pechino, l’Occidente è rimasto a guardare, basti pensare ai tentennamenti e ai ripensamenti sulle misure di contenimento.
Tutta fuffa, dunque, come anche il famigerato laboratorio cinese, col quale collaboravano tanti istituti internazionali, americani compresi. Tra questi uno dei più grandi geni americani, Charles Lieber, arrestato poco dopo la scoppio della pandemia per indebite relazioni col laboratorio medesimo. Nessuno d questi illustri collaboratori ha mai detto nulla in proposito.
Distruzione di massa
La narrativa del virus cinese riecheggia la macchina propagandistica che convinse il mondo dell’esistenza delle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein.
Nel caso attuale, si tratta di impedire che la Cina vada a coprire lo spazio geopolitico lasciato vuoto dagli Stati Uniti (causa di forza maggiore), la pandemia diventa così arma di distruzione e distrazione di massa.La propaganda mira a isolare la Cina dal mondo, un po’ quel che avvenne dopo la strage di piazza Tienanmen, a metterla in un angolo.
Impedirle, tra l’altro, di portare a compimento la vendita del suo 5G, che prima della pandemia era stato accolto da diversi Paesi, anche europei, suscitando l’ira funesta di Washington, dato che il dominio del digitale è diventato la chiave di volta della sua proiezione globale.
Simpatica, in tal senso, la narrazione che vede legata la diffusione del coronavirus al 5G cinese, come se un campo elettromagnetico potesse sviluppare virus (c’è addirittura chi si è scomodato a confutarla, vedi Adnkronos).
Fola che però ha attecchito, dando vita anche a movimenti “spontanei” di sabotatori delle antenne 5G in Europa, alcune delle quali sono state date alle fiamme.
La narrativa del legame tra il “virus cinese” e il 5G è stato rilanciata in modo alquanto brutale dall’italoamericano e Segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, che si è detto convinto che la pandemia convincerà tanti Paesi a rivedere la loro accettazione del 5G di Pechino (Foxbusiness).
Ma, come scritto, il martellamento non è solo arma di distruzione di massa contro la Cina, serve anche a riallineare a Washington i Paesi che se ne stanno allontanando, ricreando la suggestione del nemico comune come ai tempi dell’Urss.
Distrazione di massa
Ma è anche arma di distrazione di massa, per soffocare tante scomode domande sui ritardi e le omissioni dell’Occidente.
Domande relative al perché, nonostante la pandemia fosse ben nota e stesse facendo strage a Wuhan, i Paesi occidentali non hanno preso contromisure.
Mesi a guardare, inerti, che si consumasse la strage cinese, che anzi vellicava le fantasie di quanti stanno alimentando l’attuale narrazione, che si beavano della possibilità che il virus ponesse fine allo sviluppo cinese (l’11 settembre cinese, la Chernobyl cinese etc.), eliminando lo scomodo antagonista globale.
Domande ponevano anche le notizie diffuse da media alternativi, con puntate su quelli mainstream, di quanto avvenuto in America, che, pur avendo condotto lo scorso anno diverse esercitazioni specifiche contro una prossima pandemia – indovinando anche che il virus avrebbe aggredito le vie respiratorie e il potenziale numero di vittime -, si è fatta cogliere impreparata.
Infine la narrativa del virus cinese è utile anche a coprire la notizia che l’intelligence Usa aveva dato un allarme più che tempestivo sui rischi dell’epidemia di Wuhan, che poteva cioè diventare pandemia. Allarme rimasto ignorato, o perché i dirigenti dell’intelligence hanno evitato di informarne le massime autorità o perché, informate, esse hanno sottostimato il pericolo (Piccolenote).
La notizia dell’avvertimento è stata negata dal Pentagono, ma è stata confermata da una fonte più che autorevole. Chanel 12, Tv israeliana, che ha certo fonti nell’intelligence di quel Paese, ha rivelato che l’allarme Usa è pervenuto anche in Israele, all’esercito e alle autorità del Paese, tanto che diede luogo a diverse riunioni segrete per decidere sulla vicenda (Timesofisrael).
L’allarme, ha rivelato sempre la Tv israeliana, è arrivato anche alla Nato, cioè in Europa. E si presume che in tale sede si sia fermato. Colpevole negligenza, o sottostima, che sia, sta di fatto che l’apparato di Sicurezza occidentale sapeva e non ha fatto nulla né informato nessuno.
Responsabilità sulle quali non c’è attenzione, perché questa viene diretta sulle asserite responsabilità delle autorità cinesi, alle quali è riservato il “trattamento Saddam”.