24 Giugno 2020

Biden, il candidato occulto e l'emarginazione di Sanders

Biden, il candidato occulto e l'emarginazione di Sanders
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Joe Biden vola a 14 punti sopra Trump, almeno questo è quel che dicono i media consegnati al regime-change americano, che comunque val la pena annotare. La strategia che sta seguendo Biden è alquanto semplice: non appare né dice nulla. Semplicemente non esiste.

A portargli voti sono gli ambiti scatenati contro il presidente, che stanno lavorando molto bene data la loro grande potenza di fuoco finanziaria e mediatica.

L’occultismo dei democratici

Come nota il New York Times, Biden ha radunato la sua squadra con la quale ha incontri periodici. Ma, come rivela un documento sottoscritto dai presenti, sono state imposte “regole severe per garantire il loro silenzio pubblico”, ed è vietato loro anche “divulgare i nomi degli altri che sono coinvolti nel comitato”.

Un candidato occulto, uno staff segreto… elementi alquanto inconsueti in una democrazia liberale. Gli strateghi spiegano che non si deve dare il destro alla parte opposta di dire qualcosa contro il candidato, cosa alquanto bizzarra dato che un politico dovrebbe dire cosa vuole.

Allo stesso tempo, e questo è ciò che non può esser detto, si deve evitare che l’elettorato di sinistra subodori la trappola che viene loro tesa, cioè di usarlo solo come cavallo di troia di un regime-change, e diserti le urne come nel 2016.

La sinistra radicale, che ha guadagnato spazi grazie a Bernie Sanders, è stata devastata alle primarie, durante le quali Sanders costituiva il nemico numero uno del suo partito, il candidato da abbattere a tutti i costi.

Mission riuscita grazie a Elizabeth Warren, che è risultata decisiva nel togliergli i voti che gli avrebbero consegnato la candidatura (come fatto notare peraltro da Trump, che già a inizio corsa aveva avvertito Bernie che l’avrebbero fregato un’altra volta…).

La Vice

Se ricordiamo quanto avvenuto è perché è forte la spinta perché Biden, che ha detto che sceglierà come sua “vice-presidente” una donna, scelga la Warren (vedi The Hill o Cnbc).

La designata è destinata ad vere grande peso, sia per la debolezza del candidato, sia perché Biden, data l’età, non può ricandidarsi, così che la vice di oggi potrebbe essere la prima presidente donna degli Usa.

Ma la forza del movimento Black Lives Matter rischia di ridurre il campo: se ora Biden sceglie una donna bianca rischia di suscitare reazioni nell’elettorato afroamericano, che potrebbe sentirsi tradito da due candidati bianchi.

A proposito dei Black Lives Matter, c’è da aggiungere che l’assertività di tale movimento ha avuto l’esito di oscurare l’ala progressista di Bernie Sanders, incanalando la protesta sociale sull’unica direttrice della lotta al razzismo e trovando come gesto simbolico confacente a tale rivendicazione l’aggressione ai monumenti (a quanto pare c’è dibattito anche sull’ipotesi di abbattere le immagini di Gesù e Maria, vedi Newsweek: ironia dei movimenti iconoclasti).

Il punto è che le rivendicazioni della sinistra tradizionale, sulla giustizia sociale, rischierebbero di alienare a Biden le simpatie dei billionaires, intruppati nella sua campagna.

Billionaires che non solo maneggiano fondi, ma hanno in mano i media Usa – più o meno tutti  – e i social, usati come non mai in queste presidenziali: Twitter si è già schierato contro il presidente; a quanto pare hanno arruolato anche TikTok; mentre Facebook, che non lo ha (ancora) fatto, deve sostenere una campagna avversa alla quale probabilmente dovrà cedere (New York Times).

Le speranze (o illusioni) di Sanders

Nondimeno, i progressisti sperano di contare in caso di vittoria, come denota l’esultanza di Sanders per la vittoria di Alessandria Ocasio Cortez alle elezioni interne del partito democratico.

Speranza o illusione che sia, è un filone che va seguito, dato che mette a tema quel che il potente ambito anti-Trump sta occultando, cioè che il marcio del sistema americano non sta solo nelle disparità razziali, ma molto più nelle scandalose disparità economiche, che la dissipazione del razzismo non scalfirà (1).

Così Sanders su Twitter: “I ricchi continuano a diventare molto più ricchi mentre i lavoratori soffrono. Dall’inizio della pandemia, 643 miliardari hanno visto aumentare la loro ricchezza di $ 584 miliardi, mentre le famiglie statunitensi hanno visto diminuire la loro ricchezza di $ 6,5 trilioni e quasi 46 milioni hanno presentato domanda di disoccupazione”.

Probabile che Sanders speri che la sua squadra abbia un peso anche nella politica estera americana, lui che sostiene, come Trump, la fine delle “Guerre infinite”, sostenute invece dagli antagonisti di Trump.

Speranza o illusione che sia, il tentativo va seguito. Se Trump perde, l’assertività Usa nel mondo aumenterà, con rischi conseguenti (ci torneremo). Da qui l’importanza della pattuglia di Sanders, il quale sembra aver passato la staffetta alla Cortez.

 

(1) Simpatico che a sostenere un movimento contro il razzismo e contro i simboli della schiavitù sia Jeff Bezos, patron di Amazon e del Washington Post (ferocemente anti-Trump), a capo di un impero creato grazie a una nuova forma di schiavitù che gli ha consegnato il dominio dell’e-commerce globale (e non solo, la Tv globale Amazon Prime, ad esempio, sta crescendo).

Sul punto rimandiamo a un documentario della Sette, a un articolo di The Verge e al bel film di Ken Loach “Sorry we missed you“. Schiavisti di oggi contro quelli del passato…