Trump denuncia i pericoli del complesso militar industriale
Tempo di lettura: 3 minuti“I vertici al Pentagono probabilmente non mi amano perché loro non vogliono altro che combattere guerre, così tutte quelle meravigliose aziende che fanno bombe, aerei e tutto il resto sono contente”. Così Donald Trump, dopo aver confutato le accuse di aver infamato i militari caduti e aver aggiunto che in realtà i militari americani, vertici a parte, lo “amano”.
La frase ha suscitato scalpore negli Stati Uniti e nel mondo. I vertici in questione hanno rigettato le accuse e i democratici lo hanno accusato un po’ di tutto, non parendo loro vero di poter approfittare di un tale scivolone.
Ma se certo è una gaffe dal punto di vista della comunicazione politica, non lo è dal punto di vista sostanziale. Il complesso militar-industriale americano, da tempo immemore, è al centro di accuse similari.
Il fatto che un presidente degli Stati Uniti dica una realtà che è sotto gli occhi di tutti, ma ben celata dalla retorica usuale, non può che suscitare invece interesse e curiosità, più o meno fuggevole a seconda delle simpatie.
Dwight Eisenhower
Un cenno che ne richiama un altro, più celebre, storico, aulico e articolato, quello dell’ultimo discorso di Dwight Eisenhower.
“La connessione tra un immenso corpo di istituzioni militari e una formidabile industria di armamenti – dichiarava il presidente degli Stati Uniti – è una cosa nuova nell’esperienza americana. La sua imponente influenza sull’economia, sulla politica, come anche sulla spiritualità; è percepita in tutte le città, in tutti gli organismi statali, in tutti gli uffici del governo federale”.
“Riconosciamo l’imperativa necessità di tale sviluppo. Tuttavia dobbiamo essere consapevoli delle sue gravi implicazioni. La nostra filosofia e la nostra etica, le nostre risorse e il nostro stile di vita ne sono coinvolti; come anche la struttura portante della nostra società”.
“Nelle assemblee di governo dobbiamo guardarci le spalle contro certe influenze che non offrono garanzie, sia palesi che occulte, esercitate dal complesso militare-industriale. Esiste ora e persisterà in futuro la disastrosa possibilità che tali poteri travalichino il loro ambito e le loro prerogative per prendere il potere”.
“Non dobbiamo mai permettere che il peso di questa combinazione di poteri metta in pericolo le nostre libertà o processi democratici”.
Significativo che tale discorso, tanto in sintonia con le parole di Trump, sia stato usato da Bernie Sanders per promuovere la sua recente campagna elettorale, solo per registrare le bizzarre sintonie degli opposti.
Papa Francesco
Per restare nell’attualità, si può citare l’addolorato discorso di papa Francesco al sacrario militare di Redipuglia, che visitò in occasione dei cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale.
Ricordando la risposta di Caino alla richiesta del Signore, che gli chiedeva conto del fratello, – “Sono forse il custode di mio fratello?” -, il Papa spiegava che quella indifferenza, sintetizzata dalla formula “a me che importa?”, è oggi dilagante e causa di tanto male.
Molto più forte la denuncia seguente: da questo sacrario “ricordiamo tutte le vittime di tutte le guerre”, ha aggiunto il Papa. “Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante. E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: ‘A me che importa?“.
Non si tratta di arruolare il Papa tra i fan di Trump, ché tanto li divide, come ad esempio l’opposta sensibilità verso i migranti, né annoverare il bullo americano tra i chierichetti di Santa Marta, solo evidenziare la complessità della realtà e che le parole di Trump sul complesso militare-industriale Usa hanno certo fondamento.
Immaginifico Trump, sta giocando il tutto per tutto, anche a costo di andare in urto con poteri forti, anzi fortissimi.
Una nota a margine va rilevata sulle accuse mosse a Trump di aver definito i caduti di guerra dei perdenti, innescata da un articolo di Jeffrey Goldberg su The Atlantic (vedi Piccolenote).
Un utente di Twitter che si identifica come Ghost of Daniel Parker ha pubblicato la parte finale del Padrino II, affermando che Goldberg avrebbe inventato le affermazioni di Trump riprendendole da quel film.
Il riferimento è a una frase di Sonny Corleone che, parlando dei militari, dice: “Sono fessi perché rischiano la vita per degli estranei”, Ad accrescere i dubbi in tal senso, secondo il fantasma di Daniel Parker, i tanti articoli che Goldberg ha dedicato al Padrino.
Una vera “ossessione” per Goldberg, secondo li fantasma, che in effetti dà conto, pubblicandoli, dei tanti articoli del cronista sul suo mito corleonese.
Per inciso, Alan Parker, predicatore Battista e senatore degli Stati Uniti, è considerato l’istitutore dei Texas Rangers, la più antica polizia statale degli Usa.