13 Ottobre 2020

Putin e Trump: in arrivo un accordo sulle testate atomiche?

Putin e Trump: in arrivo un accordo sulle testate atomiche?
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Trump sembra sul punto di concludere un accordo sulle armi nucleari con Putin. Un’indiscrezione che rimbalza sui media americani e che dà conto del frenetico negoziato che negli ultimi giorni si è intrecciato sull’asse Mosca-Washington.

A tema un nuovo trattato START sulla proliferazione delle testate atomiche, dato che l’attuale, che ha impedito per anni la corsa al nucleare, scadrà a febbraio a causa dell’improvvida rescissione dell’intesa da parte dell’amministrazione Trump.

Con quella mossa l’amministrazione Trump, su pressione del falchi, sperava di costringere Mosca a firmare un nuovo accordo, più favorevole agli Usa, ma soprattutto di includervi la Cina, che non ha vincoli di sorta sulle atomiche.

Ma ci sono le elezioni, e i piani a lunga scadenza possono attendere. C’è invece da presentare agli elettori un successo sul piano internazionale e un accordo con la Russia sulle testate atomiche può avere un qualche impatto.

I negoziati

Libero dalle pastoie del Russiagate, crollato come un castello di carte, Trump può tornare a parlare con Putin e un tema come la proliferazione atomica è meno attaccabile di altri.

Così il 2 ottobre a Ginevra si sono incontrati il Consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien e il suo omologo russo Nikolai Patrushev. Un vertice che ha avuto esiti positivi, dato che tre giorni dopo, il 5 ottobre, si sono incontrati a Helsinki Marshall Billingslea, inviato della Casa Bianca per il controllo degli armamenti, e la sua controparte russa, Sergei Ryabkov.

Incontro tanto fruttuoso, quest’ultimo, che Billingslea si è azzardato a dichiarare che, alla ripresa dei negoziati, l’accordo sarebbe stato finalizzato in una sola settimana.

Parole un po’ affrettate, che Ryabkov ha contraddetto, dichiarando che tra le parti esistono ancora notevoli differenze. Ma, nel riportare la notizia, Axios conferma l’intensità del dialogo e la fretta di arrivare a dama: le elezioni sono sempre più vicine, e il tempo si è fatto breve.

L’obiettivo di includere la Cina sembra essere decaduto: gli Usa speravano di essere aiutati da Mosca a far salire Pechino sul carro, contando sul fatto che i russi non sono in grado di sostenere una nuova corsa agli armamenti.

Ma Mosca ha tenuto ferma la sua posizione, accreditando le ragioni della Terra di Mezzo, categorica nel rifiutare di bloccare il suo sviluppo atomico in una situazione che la vede del tutto deficitaria rispetto agli Stati Uniti, soprattutto in considerazione della crescente aggressività di Washington nei suoi confronti.

Così resta solo la possibilità di chiudere un accordo a due, con un qualche vago rimando a una futura inclusione della Cina.

Ma le distanze tra le parti segnalate da Ryabkov evidentemente non riguardano Pechino, dato che la sua esclusione era chiara già prima di intavolare le trattative, bensì quelle tra le richieste americane e le concessioni che Mosca è disposta a dare (tale il meccanismo della massima pressione sotteso alla politica estera Usa).

Il braccio di ferro sulle testate atomiche

Al di là dei particolari, è più che probabile che quest’ultima sia disposta a far poche o nessuna concessione, così che la controparte si ritroverebbe a esporre al pubblico americano non un successo, ma un banale rinnovo del precedente accordo.

Di fatto sarebbe come se l’amministrazione Usa ritornasse sui suoi passi, dopo aver annunciato con enfasi l’obsolescenza del trattato e dichiarato con altrettanta enfasi che ne avrebbe spuntato uno più favorevole. Tornare indietro equivarrebbe a una sconfessione della politica pregressa.

Non solo: è evidente che la Russia voglia solide garanzie sulla tenuta dell’accordo. Il ritiro dai trattati internazionali di cui è stata protagonista l’amministrazione Trump, dall’accordo sul nucleare iraniano allo START III, rende Mosca più che diffidente sul tema.

E il niet di Mosca ora ha un valore più forte, dato che l’accordo ora serve più a Trump che a Putin.

La prima difficoltà può essere superata dall’inserimento di qualche orpello che Trump possa presentare come vittoria. La seconda è di più ardua composizione, data la sregolata spregiudicatezza Usa.

L’accordo quadro e la variante

Vedremo come e se si ricomporranno le cose. Di certo non ci sono i tempi per un accordo vero e proprio.

Secondo le indiscrezioni filtrate sui media Usa Putin e Trump potrebbero però firmare una dichiarazione congiunta, che serva a delineare un accordo quadro, rimandando i dettagli a negoziati futuri.

Se in tale dichiarazione si specificasse, come probabile, che, in attesa del nuovo accordo, si prolunga quello esistente, il mondo potrà tirare un sospiro di sollievo, non avendo più l’incubo della proliferazione atomica assicurata.

Si tratterebbe, de facto, di un regalo elettorale di Putin a Trump, secondo Peter Akopov, che su Ria Novosti ha ricordato come la scorsa settimana Putin abbia detto che “Joe Biden aveva già promesso di estendere START III o concludere un nuovo trattato – e ‘questo è già un elemento molto serio di una possibile cooperazione  futura’”.

Parole che possono evitare a Trump l’accusa di indebiti legami con Mosca (ma anche no, data la ferocia della campagna presidenziale), ma che Putin ha detto anche in prospettiva di un cambio di guardia alla Casa Bianca. Da scacchista, si tiene pronto per la variante.

 

 

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