Renato Guttuso, Ritratto di Mimise
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È facile voler bene ad un artista come Renato Guttuso. È uno che guarda alla vita (e alla pittura, che per lui è una grande parte della vita) con lo slancio e la sincerità di un bambino. Su un muro della mostra un po’ sciatta che Roma gli ha dedicato per il centenario (in realtà gli anni sono ormai 101) c’è una frase che colpisce e dice molto di lui: «Se io potessi, per un’attenzione del Padreterno, scegliere un momento della storia e un mestiere, sceglierei questo momento e questo mestiere». Bello il concetto, e bello il modo con cui lo rende, con quell’accenno delicato che fa specie in bocca a un comunista convinto.
Sui muri della mostra di Roma c’è un quadro altrettanto sintetico del tipo umano Renato Guttuso. È il ritratto di Mimise, la moglie, in rosso. Il rosso è il colore di Guttuso, non tanto per via della fede politica, ma perché esprime intensamente il suo innamoramento per le cose e per la vita. Nella piccola tela con Mimise, il rosso invade tutto, ma è temperato da un imprevisto pudore nella posa. Lei infatti ha lo sguardo abbassato, sotto quel cappello che si allarga come una grande rosa. Il vestito vistoso, è però un vestito della festa. Un vestito da giornate speciali, una di quelle giornate in cui ci si mette eleganti non per esibizionismo ma per una forma di gratitudine verso la vita. La collana di perle, dallo stile familiare e antico, e la grande rosa bianca all’occhiello confermano che le circostanze son quelle. Del resto il contesto non ha nulla di speciale: siamo in un interno che sembra un tinello o una cucina, ma i muri sono dipinti di un giallo molto allegro e dalla finestra, s’indovina un bel cielo blu.
Manca solo, a completare l’insieme, di veder Guttuso mentre dipinge questa tela. Ma lo si può verosimilmente immaginare con lo sguardo contento di un uomo che si sente fortunato e che non mette sul proprio conto nessun merito.